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venerdì 1 luglio 2016

IL CIUPPIN - ZUPPA DI PESCE TUTTA ZENEIZE

di Vittoria




Oggi le Zuppe di Pesce sono protagoniste di una Giornata Nazionale del Calendario Italiano del Cibo di cui è Ambasciatrice Cristina Gallitti di Poverimabelliebuoni
Contribuisco a questa giornata con Il Ciuppin, zuppa di saporito pesce di scoglio, tipica della riviera ligure di levante, in particolare della zona di Sestri Levante.
E' una zuppa passata come la "soupe de poisson" della riviera francese, molto diversa dalle zuppe come brodetti, caciucco, bouillabesse o buridda genovese dove pesci e molluschi sono interi, a filetti o a pezzi, ma comunque ben distinguibili.
La zuppa di pesce è presente in tutto il bacino del mediterraneo con numerosissime varianti anche a pochi chilometri di distanza. Cambiano i pesci utilizzati, ma anche soffritto, erbe, peperoncino, vino, pomodoro si o no, zafferano. Rimane però un piatto nato dall'esigenza popolare di utilizzare pesci piccoli e di scarsa conservabilità, che altrimenti sarebbero andati sprecati. Il piatto è molto ricco e sostanzioso, non si può definire solo un primo, ma si colloca più in un limbo fra le pietanze e i piatti unici essendo quasi sempre accompagnato anche da abbondante pane.
Il Ciuppin , denso e saporito intingolo che nobilitava gli avanzi del pescato o di pescheria, era perfetto per tuffarvi ad assumere nuovo sapore e sostanza quel pane raffermo che rappresentava uno dei pilastri del sostentamento familiare.
Il nome "Ciuppin" deriva probabilmente dal dialettale "sùppin" cioè zuppetta.


CIUPPIN
per 4 persone
1 kg di pesce di scoglio (gallinella, sarago, occhiate, scorfano, triglia, cappone)
1 cipolla piccola,
2 spicchi di aglio,
400 g di pomodori carnosi.
1 ciuffetto di prezzemolo
1 bicchiere di vino bianco
1 lt acqua
olio extravergine di oliva
sale, pepe

Scaldate 2 o 3 cucchiai di olio in un tegame largo e basso e rosolate la cipolla affettata finemente insieme a due spicchi di aglio schiacciati. Appena imbiondito il soffritto aggiungete il pomodoro spellato, privato dei semi e tritato grossolanamente a coltello e il prezzemolo tritato finemente. Salate, fate insaporire qualche minuto, poi aggiungete il vino e fate sfumare. appena evaporato il vino aggiungete il litro di acqua, portate a ebollizione e aggiungete il pesce già pulito e squamato. Fate sobbollire adagio per 20 minuti.
Fate intiepidire e passate tutto al setaccio con il brodo di cottura, in modo da eliminare tutte le lische e gli scarti. Non deve essere troppo denso, ma neppure completamente liquido.
Rimettete al fuoco il passato per riportarlo a bollore, regolate di sale e pepe e servite immediatamente con delle fette di pane abbrustolito.


Fonti:
F.Accame, Mandilli de saea, pag 44 - Ed.Valenti
P.Lingua, La Cucina dei Genovesi, pag 171 - Ed. Franco Muzzio



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domenica 26 giugno 2016

LA PANERA - SEMIFREDDO STORICO GENOVESE

Di Vittoria

Oggi Il Semifreddo è protagonista di una Giornata Nazionale del Calendario Italiano del Cibo di cui è Ambasciatrice Rita Mezzini de La Fucina Culinaria

Contribuisco a questa giornata con la Pànera, un semifreddo al caffè tipico della città di Genova.



La denominazione pànera è la contrazione in lingua genovese di panna nera, in riferimento al mutamento di colore del principale ingrediente, dovuto all'aggiunta della polvere di caffè.

Ideata nella metà del XIX secolo nella storica gelateria Amedeo di Boccadasse a Genova, si è presto diffusa in tutta la zona e ogni gelatiere propone la sua versione anche se nessuno riesce a farla uguale all'originale. Data la difficoltà di preparazione e l'estrema deperibilità del composto, che ne limita il tempo di conservazione a pochissimi giorni, la panera è oggi un dessert non sempre reperibile nelle pasticcerie genovesi, spesso sostituita dal gelato al caffè.

Ho fatto il visita alle gelaterie più antiche della zona e ho ascoltato consigli e procedimenti molto diversi. Chi usa il caffè espresso, chi la polvere in infusione, chi addirittura il nescafè (ma no!), chi usa solo panna, chi aggiunge latte, zucchero a velo o semolato....... 

Sono andata da Amedeo a intervistare l'attuale proprietario e a chiedergli qualche consiglio su come procedere ....e si è messo a ridere! 


La ricetta originale ideata da Amedeo nel 1927 è segreta

Mi ha detto ridendo che per avere informazioni sulla ricetta devo dargli un assegno come quello del signor Bonaventura, ve lo ricordate?

A parte la battuta, sulla vera ricetta bocca cucita, ma è stato molto gentile, gli ho fatto qualche domanda sperando che ammettesse qualcosa (niente da fare), mi ha fatto assaggiare il gelato al caffè e poi il mitico semifreddo per capire la differenza. Il primo ha un sapore molto intenso e la consistenza tipica del gelato. La pànera è una nuvola soffice e spumosa, ma consistente. Il sapore non è di caffè, ma di cappuccino, più morbido e delicato, mitigato dalla dolcezza della soffice panna. 
L'originale della Gelateria Amedeo a Genoa Boccadasse

Questo semifreddo storico si discosta alquanto dai semifreddi moderni, che hanno ingredienti e dosi ben precise, come vi spiega Rita nel suo post, infatti la preparazione tradizionale prevede un amalgama di panna fresca, polvere di caffè arabica, zucchero. 
Senza ricetta originale ho fatto vari tentativi per mettere a punto una ricetta che ci si avvicini abbastanza e la migliore ve la propongo perchè possiate assaggiare questa squisitezza.







SEMIFREDDO PANERA

15 g polvere di caffè arabica
250 ml latte intero crudo
200 g zucchero semolato
250 g panna montata


Sciogliete la polvere di caffè nel latte, aggiungete lo zucchero e scaldate a fiamma dolce finchè non sia ben sciolto lo zucchero. Lasciate raffreddare completamente, poi filtrate con un telo fine in modo da eliminare qualsiasi traccia di polvere di caffè. Versate in composto in un contenitore basso e largo in alluminio e ponetelo in freezer a solidificare. Ogni mezz'ora tirate fuori e mescolate velocemente con una frustina per rendere omogenea la densità. Quando sarà cremoso, ma non ancora completamente rappreso aggiungete in due riprese la panna montata cercando di non smontarla e rimettete in freezer a completare il raffreddamento, sempre mescolando ogni tanto. 



Essendo un semifreddo resterà sempre molto cremoso ed essendo privo di qualsiasi additivo tenderà a sciogliersi molto velocemente.
Quando sarà pronto trasferitelo in un contenitore chiuso mettendo un pezzo di carta da forno a contatto della superficie in modo da evitare la formazione di cristalli di ghiaccio.
Conservatelo il meno possibile perchè il riposo in freezer ne cambia la struttura e da soffice tende a diventare compatto.



Fonti:
Gelateria Amedeo  genova boccadasse

https://it.wikipedia.org/wiki/Panera

La Cuciniera Genovese di G.B.Ratto seconda edizione 1863 Ed.Pagano (foto)









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martedì 21 giugno 2016

LA GALANTINA DI POLLO

di Vittoria



Oggi La Galantina di Pollo è protagonista di una Giornata Nazionale del Calendario Italiano del Cibo di cui è Ambasciatrice Cristiana Di Paola di Beufalamode.

La Galantina di pollo è un piatto freddo ottenuto da un pollo disossato farcito con carne macinata, spesso di vitello, ma anche maiale, condita e speziata, mescolata a prosciutto, lardo e lingua salmistrata a dadini, tartufo nero, pistacchi (se vi ricordate di comprarli!!!!) A volte sono presenti verdure precotte e uova sode, in modo da ottenere al taglio un piacevole effetto marmorizzato e contrasto di colore.

Spesso è gelatinata o ricoperta di salsa bianca prima del taglio per ottenere un ulteriore effetto di colore attorno alla fetta.
La cottura avviene per bollitura in brodo ottenuto dalla stessa carcassa del pollo, ma anche in forno o casseruola. 




Contribuisco a questa Giornata Nazionale con una ricetta ritrovata nel quaderno di famiglia. Non ho molte notizie riguardo alla provenienza e le
 spiegazioni sono molto scarne.
Per poterla realizzare al meglio ho integrato le poche spiegazioni prendendo spunto da quella di Nino Bergese, grande cuoco di nobili famiglie e poi proprietario del ristorante La Santa a Genova, che ottenne le 2 stelle Michelin, e poi anche al San Domenico di Imola.

La ricetta di famiglia cuoce il ripieno in uno stampo, senza il pollo disossato, mentre quella di Bergese prevede il pollo disossato, e la cottura in forno in burro e grasso di rognone. 
Per la cottura mi sono affidata all' Artusi che nella ricetta 366 Cappone in galantina prevede la bollitura. 
Il risultato finale mi soddisfa moltissimo, è un misto di queste ricette e spunti di altre, il tutto condito con la mia sbadataggine cronica per cui mi sono dimenticata di comprare i pistacchi, sostituiti con pinoli e non ho trovato il tartufo, sostituito (solo esteticamente) da qualche pezzetto di oliva nera. Ho poi aggiunto uno strato di pistacchi macinati per il colore e sapore.




LA GALANTINA DI POLLO

per 8 persone circa

1 pollo di circa 1 kg

300 g di polpa di vitello macinata fina
80 g di prosciutto cotto a dadini
80 g di lingua salmistrata a dadini
1 piccolo tartufo nero sminuzzato io olive taggiasche
120 g di panna liquida
30 g di pistacchi freschi spellati pinoli
2-3 cucchiai di pistacchi macinati
1 bicchierino di marsala secco
noce moscata
sale
pepe

2-3 lt di brodo di pollo ottenuto bollendo la carcassa con sedano carota cipolla alloro zenzero prezzemolo, un bicchierino di marsala e poco sale. Bollite un'ora, filtrate e lasciate intiepidire.


Preparate il pollo bruciacchiando la peluria e pulendolo bene, poi disossarlo come indicato QUIsembra un lavoro difficile, ma non lo è, si impara in fretta. Le indicazioni che ci aveva dato Patrizia Malomo sono perfette e rendono il lavoro molto semplice. Le riporto anche qui ma dalla Patty trovate anche le foto che aiutano parecchio



1.    Prendete il vostro busto di pollo eviscerato, pulito e fiammato per eliminare eventuali residui di piume. Rinfreschiamo subito un po' di anatomia andando a lussare entrambe le cosce. Con il busto del pollo dritto di fronte a voi, dovrete infilare il pollice della mano sinistra (se non siete mancini) nella cavità intestinale fino a toccare l'articolazione dell'anca. Con l'altra mano tirate indietro la coscia rompendo l'articolazione. Il femore deve uscire dalla cavità dell'anca. Fate la stessa cosa con l'altra coscia. 

2.    Dovete togliere la forcella dello sterno. E' una delle operazioni più delicate: ruotate il pollo sempre in posizione supina, con il petto verso di voi. Spingete indietro delicatamente la pelle della cavità del collo. Toccate la polpa del petto intorno alla cavità e potrete percepire la forcella. Incidetela con la punta del coltello.

3.    Con il coltello raschiate la carne intorno alla forcella in modo da farla apparire, quindi con delicatezza recidetela al vertice con il trinciapollo, facendo attenzione a non bucare la pelle. 

4.    La forcella è libera anche se l'osso lungo è ancora all'interno e verrà eliminato successivamente.

5.    Adesso ruotate nuovamente il pollo e mettetelo con il petto a contatto con il tagliere. Tenetelo   schiacciato con una mano ed incidete nel centro della spina dorsale scendendo dal collo alla coda. Qui troverete resistenza all'inizio ma poi proseguendo sarà molto più agile. Aprite quindi il pollo a libro. Via via che procedete nel lavoro, asciugatevi bene le mani cercando di averle sempre prive di grasso che inevitabilmente potrebbe rilasciare il volatile. Il coltello deve essere sempre ben fermo nella vostra mano. 

6.    Procedendo dall'alto verso il basso e dalla colonna verso l'interno, fate scorrere la lama del coltello appoggiandola alla cassa toracica ed incidendo in profondità, cercando i raschiare bene la polpa dalle costole. Procedete con calma da una parte e poi dall'altra. 

7.    A questo punto avrete quasi terminato la parte più difficile. La gabbia toracica sarà quasi completamente staccata dal petto. Resterà lo sterno che potrete sollevare e staccare dal basso verso l'alto. Una volta inciso nella lunghezza, si staccherà completamente il resto dell'ossatura. Toccate il bordo del petto all'altezza del collo ed eliminate la parte lunga della forcella sempre incidendo con la punta del coltello. Tenete la carcassa da parte.

8.    Adesso grattate via la polpa dalle ossa delle anche e staccate l'osso dalla giuntura della coscia con il trinciapollo. L'osso lungo della coscia sarà invece lasciato al suo posto per mantenere una bella forma finale. 

9.    Tagliate con il trinciapollo le ali all'altezza dell'articolazione. Quindi rimuovete il resto dell'ala in corrispondenza delle giunture. Spingete con il dito la pelle dell'ala all'interno della cavità che si sarà formata dopo l'eliminazione dell'osso.  

10. Il vostro pollo è disossato. Palpate con le mani la carne di tutta la superficie per sentire se qualche piccola scheggia di osso sia rimasta ed eventualmente eliminatela.

Ora dovete pareggiare la carne togliendone dov'è troppo spessa e riempiendo dove c'è solo pelle. Assottigliate la cima del petto togliendo una fetta per parte, asportate i filettini e sistemate tutti le parti dove manca carne.
Preparate il ripieno.
Condite la carne macinata con sale, pepe, abbondante noce moscata, il marsala e la panna. Aggiungete prosciutto, lingua e lardo a dadini, pinoli e tartufo le olive snocciolate e a pezzettini. Impastate bene, stendere sul pollo aperto e già condito con sale e pepe. Completate con uno strato di pistacchi tritati. 



Chiudete il pollo, cucite con filo bianco dando una forma regolare e bella, avvolgete in un telo pulito e che non sappia di sapone, legate e immergete in brodo di pollo tiepido. Dev'essere coperto completamente, se manca liquido aggiungete acqua. Portate a bollore e fate sobbollire semicoperto per un'ora. Fate intiepidire nel brodo, poi estraete l'involto e mettetelo sotto un peso per almeno 4 ore. Tasferite in frigo per tutta la notte. 
togliete l 'involto di tela, pulite da residui di grasso e gelatina e affettate allo spessore di 3 millimetri circa.
Servite con insalatina verde, verdure in agrodolce, cipolle al vino rosso o verdure al forno.
Accompagnate con vino bianco secco e aromatico.

Alcuni esempi di presentazione da Buffet e Ricevimenti


Fonti:

Nino Bergese, Mangiare da Re, pag 38, Ed.Feltrinelli
P.Artusi, La Scienza in cucina..., Ed.Rizzoli
A.Mainardi, Buffet e Ricevimenti, Sansoni Ed.Sansoni









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sabato 11 giugno 2016

LA CIPOLLA DI GIARRATANA - DECLINAZIONI DI DOLCEZZA

Di Vittoria

Oggi la cipolla è protagonista di una Giornata Nazionale del Calendario Italiano del Cibo di cui è Ambasciatrice Anna Laura Mattesini di Eatparadeblog



Festeggio questa giornata parlandovi della Cipolla di Giarratana, un meraviglioso prodotto del nostro territorio

La Cipolla di Giarratana è una varietà di cipolla, dolce e dalle dimensioni considerevoli, con bulbi dalla forma schiacciata e tunica di colore bianco-brunastro, che è coltivata nel territorio del comune di Giarratana, negli Iblei.
È un prodotto tipico siciliano e grazie al suo particolare gusto dolce e mai pungente, la cipolla di Giarratana è stata inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf).


Da sempre il comune di Giarratana, negli Iblei, è noto per la produzione di queste cipolle straordinariamente dolci e dalle dimensioni molto grandi, che pesano normalmente circa 500 grammi, ma che possono anche superare i due chilogrammi.

L’altopiano ibleo è solcato da vallate anguste, più o meno profonde, incastonate nella bianca roccia calcarea da cui si originano i suoli bruni che, assieme al clima collinare, determinano le condizioni ambientali ideali per la coltivazione di questa cultivar di cipolla.
Tradizionalmente la semina viene effettuata a partire dalla fine di ottobre, durante il plenilunio o con luna calante, in semenzaio, e il trapianto ha luogo in febbraio-marzo quando, per ogni metro quadro si dispongono circa 16-20 piantine.

La raccolta comincia a partire dalla fine di luglio e continua lungo tutto il mese di agosto.
Dopo la raccolta si lasciano asciugare i bulbi in campo per una settimana e successivamente si conservano in luoghi asciutti e ventilati.

La Cipolla di Giarratana è anche Presidio Slow Food
Area di produzione Comune di Giarratana (provincia di Ragusa)
Il Presidio intende aiutare i produttori a migliorare la conservazione della cipolla per poterla utilizzare e commercializzare più a lungo, e avviare la produzione di conserve e trasformati, comunemente preparati nelle famiglie di Giarratana.



A Giarratana, in occasione della festa di San Bartolo, si perpetua una tradizione antichissima con l’organizzazione di una sagra, in grado di mettere in vetrina le peculiarità di un ortaggio che, proprio nel centro montano dell’area iblea, trova la sua magnificenza: il 14 agosto 2015, infatti, si è tenuta la trentasettesima edizione della sagra della cipolla di Giarratana, che ha richiamato migliaia di persone, facendo diventare il paesino un punto di riferimento insostituibile dell’area iblea in occasione della vigilia di Ferragosto.
Pochi giorni prima della sagra vengono allestiti degli stand nei quali la cipolla viene cucinata e servita in ogni modo, cotta, cruda, accompagnata da formaggio, vino e altre bontà. 


Cipolle di Giarratana al forno - mercato di Catania 2016


Protagonista di molte ricette tradizionali della provincia di Ragusa, la cipolla di Giarratana sostiene la sapidità delle focacce “chiuse” – le scacce – ripiene con pomodoro e cipolla, dei contorni a base di cipolla arrostita alla griglia e delle cipolle ripiene con spezie.
È molto dolce, per nulla pungente, caratteristica peculiare di questo ortaggio, e quindi è ottima anche cruda, in insalata, o condita semplicemente con olio extravergine di oliva e sale. Date le dimensioni, molto grandi, viene spesso utilizzata come “cucchiaio” per contenere le prelibate fave cottoie dell’altopiano modicano.

Qui un po’ di informazioni e consigli relativi a questa dolcissima cipolla e una serie di ricette sfiziose.

Io vi propongo due ricette:
la prima è una deliziosa cipolla al forno, ma racchiusa in meringa di sale. Ricetta realizzata dalla mia carissima amica Nadia Ambrogio che l’ha pubblicata QUI e io ve la ripropongo




CIPOLLA DI GIARRATANA IN MERINGA AL SALE
Avevo già sperimentato con successo e gradimento la cottura del pesce in meringa salata ma queste cipolle sono una vera bontà. Naturalmente la grande qualità della cipolla ha fatto la differenza ma voglio provare a rifare questa ricetta con normali cipolle bionde. Il procedimento è molto semplice

2 cipolle di Giarratana kg 1,400
1000 g sale fino
4 albumi
timo , santoreggia
olio evo
aceto balsamico

Montare a neve ferma gli albumi unendo a metà montaggio il sale fino, aggiungere qualche fogliolina di erbe. Lavare le cipolle senza sbucciarle e asciugarle bene. Sulla leccarda del forno coperta da carta forno, disporre due strati separati di meringa al sale, al centro di ognuno sistemare le cipolle e ricoprirle perfettamente con la meringa, livellando bene con un cucchiaio in modo da non lasciare buchi.
Mettere in forno caldo 200° per circa un'ora e trenta minuti. Dipende dalla dimensione delle cipolle.
Togliere dal forno rompere la crosta e servirle tagliate in quattro cosparse di olio, foglioline di erbe e qualche goccia di aceto balsamico




La seconda è la mia composta di cipolle di Giarratana ottima per accompagnare formaggi piccanti, carne arrosto o fegato scaloppato come avevo raccontato QUI



COMPOSTA DI CIPOLLE DI GIARRATANA
2 kg di cipolle bianche, carnose, tenere e dolci di Giarratana (RG)
1,6 kg zucchero semolato (si può metterne una parte di canna, diciamo 400 gr)
2 foglie di alloro
1 pugno di uvetta passolina (Corinto)

Affettare le cipolle e metterle a macerare una notte con lo zucchero, una o due foglie di alloro e due bicchierini di aceto di mele. Daranno molto liquido che NON va buttato!
Il giorno dopo mettere tutto al fuoco e cuocere a fuoco dolce come per una normale marmellata.
Invasare bollente e chiudere i coperchi; raffreddando faranno il sottovuoto.
Volendo si possono unire in macerazione uno o due pugni di uvetta Corinto, quella piccolissima e molto scura, tipica siciliana.
La composta deve risultare morbida, con i filetti di cipolla ben caramellati e una parte sciropposa.
Buona con carni arrosto e griglia, con formaggi stagionati e saporiti. Si conserva a lungo.

  


Fonti










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martedì 7 giugno 2016

LA MIA INSALATA RUSSA

di Vittoria

Oggi l'insalata russa è protagonista di una Giornata Nazionale del Calendario Italiano del Cibo di cui è Ambasciatrice Serena Bringheli di Cucinaserena

Qualche cenno storico (da taccuinistorici)
L'insalata russa è la più nota delle insalate del gruppo "insalate composte di verdure cotte o miste di cotte e crude". È costituita da tocchetti di verdure lessate e patate, il tutto condito con salsa maionese; ne esistono numerose varianti, a seconda delle tradizioni locali e familiari, in cui si prevede l'aggiunta di ulteriori ingredienti. È diffusa in numerosi paesi del mondo.
L’insalata russa è tradizionalmente servita come antipasto, soprattutto nei pranzi delle feste, ma è anche un’ottima farcitura per i panini, e spesso rappresenta l'unico contenuto di un regale sandwich.
Questa preparazione si cominciò a diffondere in Italia alla fine dell'Ottocento come prova la ricetta inserita nel noto libro di cucina Re dei cuochi, nell'edizione del 1868. All'inizio del Novecento Pellegrino Artusi lo inserì in una delle riedizioni della sua opera di culinaria e Ada Boni la riportò nel Talismano della felicità nel 1929. Negli anni Trenta del Novecento era ormai un piatto popolare in tutta Italia.
Esistono varie ipotesi sull'origine dell'insalata russa, riportate variamente dalle varie fonti. La difficoltà di risalire all'origine di questo piatto risiede anche nelle varie ricette, anche molto diverse tra loro, con le quali esso viene preparato, quali carni, pesci o salumi.
Secondo molte fonti, sarebbe stata creata intorno nella seconda metà dell'Ottocento da Lucien Olivier, cuoco francese di. L'insalata russa, detta insalata Olivier, era il piatto simbolo del locale, ed era preparata con una ricetta assai diversa da quella che conosciamo. la creazione di Olivier non ha niente a che vedere con la ricetta moderna, ma è composta da petti di pernici, gamberi di acqua dolce, tartufi neri, gelatina di carne, caviale ed è servita su un letto di patate lesse con uova, cetrioli e capperi. Il tutto condito con la maionese.



La ricetta che conosciamo oggi è composta invece da verdure lessate e ridotte a dadini, principalmente patate, carote e piselli (ma anche fagiolini, roselline di cavolfiore, zucchine), condite con maionese. In aggiunta possono esserci tonno, acciughe, capperi o sottaceti. Come decorazione sottaceti, olive, uova sode e anche gamberetti.

La mia personalissima versione che vi propongo è quella che preparavo giornalmente in rosticceria. Abbastanza semplice, ha le patate schiacciate invece che a cubetti per ottenere un composto che mantenga la forma. La consistenza comunque deve rimanere leggera, non appiccicosa. Per questo è importante utilizzare patate di buona qualità, che non rilascino troppo amido.

La maionese
Preparate la maionese (con il frullino a immersione) con 2 uova intere, olio di arachidi, sale, succo di limone e un cucchiaio di senape forte.

Fate lessare 2 o 3 patate con la buccia, pelatele tiepide, schiacciatele in una grande ciotola e conditele con olio e sale. Aggiungete 2 o 3 cucchiai di maionese.

Tritate un pugno di giardiniera sott’aceto ben sciacquata e aggiungetela alle patate.
Mescolate bene l’impasto di patate, assaggiate e regolate di sale.

Cuocete in acqua salata piselli (se surgelati solo scottare), carote, zucchine (quelle chiare e sode), cimette di cavolfiore, fagiolini piccoli. Zucchini e fagiolini solo in stagione.
Tutte le verdure cotte molto al dente e intere.

Tagliatele a cubetti (il cavolfiore a piccole roselline) e mescolatele all’impasto di patate.
La proporzione fra verdure e impasto deve essere equilibrata. No deve prevalere la patata schiacciata. La consistenza deve essere soda, mantenere la forma.
Assaggiate ed eventualmente correggete il condimento con un altro po’ di maionese o sale/olio/limone.
Sistemate l’impasto sul piatto di servizio dando la forma a torta, cupola o mattonella.
Spalmate completamente, bordi e superficie, con un velo di maionese per uniformare e decorate con ciuffi di maionese alternati a strisce di cetriolo, peperone rosso e giallo, tutti in agrodolce, più delicati di quelli sott’aceto, olive nere, funghetti e fette di uovo sodo. Intorno spicchi di uovo sodo, olive nere e rombi di peperone.

Questa insalata russa è perfetta per riempire delle tartelette, per farcire delle mini brioscine salate o dei tramezzini e può essere servita anche in bicchierini mono porzione.


Variante di pesce
Nell’impasto base aggiungete tonno sott’olio sbriciolato.
Decorate la superficie ricoprendola completamente di gamberetti lessati e sgusciati, velate di gelatina e completate decorando con ciuffetti di maionese e filettini di acciuga sott’olio

LA VERSIONE DI NONNA IBIDI
Io ho imparato a cucinare da mia madre, la Nonna Ibidi per tutti. Lei faceva spesso la sua insalata russa, che consisteva semplicemente in verdure miste lessate al dente (patate, carote, piselli, fagiolini, zucchini, barbabietola rossa, carciofi), tagliate a dadini, condite con olio, limone e sale, disposte a cupola su un grande piatto, leggermente compattate e ricoperte da maionese (anche lei usava il frullatore)
La cupola poi decorata con uova sode a fette e spicchi, mezzi pomodori con maionese e filetti di acciughe sott’olio.

Ne risulta un piatto quasi esclusivamente di verdure, molto fresco e gustoso, in cui la maionese non dev’essere assolutamente preponderante.







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