sabato 8 marzo 2025

HALWA CHEBAKÌA DA HONEY di AMY NEWSOME

Di Vittoria Traversa


Il miele è un ingrediente fondamentale della cucina mediterranea da millenni, ma lo troviamo come denominatore comune nella preparazione dei dolci fritti che, in forme diverse,  sono il vanto di tutti i paesi affacciati al mediterraneo.

Per @cook_my_books  settimana dolcissima con HONEY di AMY NEWSOME @thebotanicalbeekeeper


L’apicoltura è la sua passione e professione e le dedica questa monografia dove ci spiega tutto sulle fasi stagionali della produzione, sui diversi tipi di miele e le loro peculiarità. Il tutto coronato da un’infinità di ricette tentatrici, ognuna dedicata a un tipo di miele specifico.


Oggi ve ne presentiamo due, gli SCAURATIELLI di @katiazeta (li trovate QUI), originari del Cilento 

e i miei HALWA CHEBAKÌA, dal Marocco.

Queste delizie marocchine sono tradizionali nel periodo del Ramadan, dopo il digiuno, o in altre occasioni speciali. I chebakìa sono finemente modellati in fiori o trecce altamente ornamentali, non è facilissimo capire come intrecciarli, ma si impara in fretta, con la ricetta troverete video che aiutano. Non solo sono squisiti da vedere, ma sono anche aromatizzati ai fiori d'arancio, fritti, imbevuti di miele e cosparsi di semi di sesamo: come si fa a non amarli?


HALWA CHEBAKÌA
al miele di fior d'arancio

 


Per 24 pezzi

1-2 grani di Mastika di Chios (facoltativo) (vedi note*)
Un pizzico abbondante di zucchero semolato
¼ cucchiaino di fili di zafferano sbriciolati (o mezza bustina)
75 g di semi di sesamo tostati
250 g di farina 0 o 00, più altra per spolverare
¼ cucchiaino di lievito in polvere
¼ cucchiaino di sale
½ cucchiaino di cannella in polvere
¾ cucchiaino di anice in polvere
¼ cucchiaino di curcuma in polvere
1 uovo medio
30 g di burro fuso
2 cucchiai di olio d'oliva
2 cucchiai di aceto di mele
2 cucchiai di acqua di fiori d'arancio
½ cucchiaino di lievito di birra essicato, sciolto in 2 cucchiai di acqua calda

Per friggere e finire
1 l di Olio di semi di girasole, preferibilmente altoleico
250 ml di miele di fiori d'arancio
1 cucchiaio di acqua di fiori d'arancio
Semi di sesamo per completare 

In un mortaio macinate i granuli di mastika con lo zucchero e lo zafferano, fino a ridurre tutto in polvere. Aggiungete i semi di sesamo e macinate fino a quando l'olio di sesamo non si libera e crea una pasta umida (vedi note). Trasferite in una ciotola e mescolate con la farina e gli ingredienti secchi rimanenti. Aggiungete l'uovo e tutti gli ingredienti rimanenti e mescolate bene per formare un impasto. Dovrebbe essere duro ma lavorabile. Impastate per 5-10 minuti, fino a quando non è liscio e ha un po' di elasticità, dividete in due porzioni, quindi lasciate riposare, coperto con pellicola o sotto una ciotola, per 15 minuti.


Prendete una porzione di impasto e stenderla su una superficie di lavoro leggermente infarinata, a circa 2 mm di spessore; cercate di dare una forma squadrata.
Se non avete un tagliapasta per chebakìa, usate una rotella scanalata e tagliate dodici quadrati da 10 cm di lato, quindi sempre con la rotella, fate 4 tagli paralleli, distanziati uniformemente sul quadrato, come strisce, fermandoti a 1 cm di distanza da entrambe le estremità del taglio. 
Potete tirare la pasta a macchina; fate strisce larghe poco più di 10 cm, rifilate i bordi e tagliate a quadrati, sempre 
con la rotella dentata.
Coprite i quadrati tagliati con pellicola trasparente mentre lavorate, per evitare che si secchino.

PIEGATURA A FIORE
non è semplicissima da capire dalla spiegazione scritta, la cosa migliore è guardare uno o più video che si trovano numerosi in rete e fare tanta pratica. Non so se sono riuscita a capire bene e a dare la forma corretta, ma sono comunque buonissimi. 

Ecco un video che mi è stato utile, la formatura parte dal minuto 6.31


Qui la spiegazione scritta dall'autrice; la tecnica è leggermente diversa da quella del video, ma ugualmente efficace.

"Prendete con una mano un quadrato tagliato. Con l'altra mano, infilate il dito medio come un ago attraverso i tagli nel biscotto, alternando sotto e sopra. Con la mano libera, pizzicate insieme i due angoli dell'ultima striscia e tenete l'estremità pizzicata. Questo sarà il centro del vostro fiore. Sollevate in verticale la mano con le strisce di pasta sopra l'estremità pizzicata, in modo che l'impasto cada lungo il dito e attorno all'estremità pizzicata. Girate ogni striscia mentre cade dal dito, da entrambi i lati dell'estremità pizzicata; questi sono i petali disposti attorno al centro. Dovreste ottenere una rosetta di strisce piegate tra i due angoli quadrati rimanenti, che potete pizzicare fino a formare delle punte affusolate. Disponete su una teglia da forno e copri con pellicola trasparente fino al momento di friggere. Ripetete con tutti i quadrati e poi con la seconda porzione di impasto"

Versate abbastanza olio vegetale in una padella profonda e dal fondo spesso in modo che non superi i due terzi dei lati e versate il miele in una piccola casseruola accanto. Riscaldate entrambi a fuoco medio-alto (l'olio dovrebbe essere intorno ai 175 °C, se avete un termometro). Il miele probabilmente si scalderà più rapidamente: una volta che inizia a schiumare leggermente, spegnete il fuoco e mescolate con l'acqua di fiori d'arancio. Assicuratevi che il miele rimanga caldo mentre friggete i pasticcini, riscaldandolo di tanto in tanto se necessario.

Non scaldate troppo l'olio; i pasticcini devono friggere delicatamente per 5 minuti e diventare croccanti, senza diventare troppo dorati. Friggete i chebakìa pochi per volta, scolandoli molto bene con il "ragno" prima di metterli immediatamente nel miele caldo. Lasciate i chebakìa fritti in ammollo nel miele per circa 5 minuti, finché non avranno assunto un colore ambrato ricco e lucido. Toglieteli con una forchetta, cospargeteli di semi di sesamo e lasciateli raffreddare per bene prima di servirli con un buon tè marocchino alla menta.

Si conservano fino a un mese a temperatura ambiente in un contenitore ermetico....... ma vi garantisco che non dureranno più di qualche ora!

Note:

1) Mastika di Chios:

Resina ottenuta dalla linfa del lentisco, che asciugando indurisce in piccoli granuli. Molto usata in Grecia per aromatizzare dolci, liquori e gelati, ha un aroma fresco e balsamico, molto particolare. Quella prodotta nell’isola greca di Chios è la più famosa e ricercata; ha ottenuto la DOP Europea nel 1997 e da 2014 è Patrimonio immateriale dell’umanità.

2) Macinatura degli ingredienti:
i granuli di resina vanno sempre pestati a mano insieme allo zucchero, in modo che non si formi una pasta appiccicosa, ci vuole pochissimo. La fase successiva, con zafferano e sesamo, può essere fatta in un macinino da spezie (da caffè) o un buon tritatutto.




 Queste Ricette fanno parte del progetto Cook_My_Books



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domenica 2 marzo 2025

ĆEVAPI DI MANZO E AGNELLO, CON AJVAR E SOMUN DA "THE BALKAN KITCHEN" DI IRINA JANAKIEVSKA

di Vittoria Traversa


Non si può parlare di CUCINA BALCANICA senza parlare dei ĆEVAPI O ĆEVAPČIĆI, le iconiche salsicce senza pelle, grandi quanto un dito, amate in tutta la regione balcanica. 

Sono considerate il ​​piatto nazionale in Bosnia ed Erzegovina, ma vengono mangiate anche in Serbia, Croazia e in tutta la regione. Vengono serviti sempre insieme ai SOMUN (i tipici panini con decorazione a griglia), AJVAR (il “caviale balcanico” composta di peperoni e melanzane grigliati), KAYMAK (crema spessa, simile al nostro mascarpone, ma più saporita), cipolla cruda affettata, sale al peperoncino di Bukovo, peperoni dolci lunghi alla griglia e insalata Shopska, molto simile all’insalata greca.

Per @cook_my_books questa settimana abbiamo cucinato ricette della regione balcanica; Il libro di questa settimana THE BALKAN KITCHEN di IRINA JANAKIEVSKA ha tutti gli ingredienti per conquistarvi alla prima occhiata, dal rimando alle storie di famiglia a quello dei piatti antichi della cucina dei Balcani, crocevia di tradizioni millenarie. Quei monti, che danno il nome alla regione, hanno protetto questo patrimonio come una barriera, tanto che oggi sono molti gli storici del cibo che guardano a questa cucina come ad un punto di riferimento. Anche se queste terre sono da secoli teatro di instabilità politica e scenari di guerra, la loro tradizione gastronomica resiste, a ricordare quanti e quali frutti possono nascere, una volta che si è trovato un punto d’incontro (cit. Cook_my_Books)

I ĆEVAPI vengono fatti con qualsiasi tipo di carne macinata (manzo, maiale o agnello) a seconda della regione e delle preferenze religiose. Il segreto è usare carne di ottima qualità, macinata molto finemente, almeno due volte. I tagli migliori da usare per questo sono il collo o il fianco (per il manzo) o il collo o il petto (per l'agnello). Qualsiasi tipo di carne venga usata, nei Balcani viene tradizionalmente cotta su braci senza fumo usando il legno vecchio di viti o ulivi, o foglie di fico, che conferiscono un sapore davvero unico.

Anche in mancanza della brace profumata, ho preparato i ĆEVAPI con tutte le cosine buone con cui vengono serviti tradizionalmente e li ho cotti sotto il grill del forno. Buonissimi!!! Fate attenzione a non cuocerli troppo, diventerebbero asciutti.
DIMENTICAVO.... accompagnate tutto con un bel bicchiere di AYRAN, la tipica bevanda di yogurt, sale e acqua ghiacciata, davvero dissetante!!!

ĆEVAPI
salsiccette senza pelle di manzo e agnello


Per 20-24 pezzi (4-6 Persone)

Per i Ćevapi:
350 g di manzo o vitello macinato molto finemente (almeno il 10% di grassi)
150 g di agnello macinato molto finemente
½ cucchiaino di pepe nero macinato fresco
½ cucchiaino di brodo vegetale in polvere
1 cucchiaino di sale marino affumicato
½ cucchiaino di bicarbonato di sodio
1 cipolla, tritata o grattugiata
1 cucchiaino di olio di girasole, più altro per ungere

Per il sale al pepe di Bukovo, mescolate:
1 cucchiaio di peperoncino di Bukovo (o peperoncino di Aleppo)
1 cucchiaio di sale marino affumicato
½ cucchiaino di semi di sedano macinati (facoltativo)

Mescolate tutti gli ingredienti dei ćevapi in una grande ciotola e impastate con le mani per 5-6 minuti fino a quando non sarà tutto ben amalgamato e morbido. L'ideale sarebbe lasciare riposare il composto in frigorifero per una notte, o per tutto il tempo possibile, ma se non hai tempo puoi usarlo subito. Mettete il ​​composto in una sac à poche leggermente unta con bocchetta liscia da 1,5 cm. o tagliate l'estremità per ottenere un foro con un diametro 1,5 cm (potete anche usare un sacchetto da surgelati robusto, tagliando l’angolo).

Spremete il composto di carne su una teglia da forno e usate le forbici per tagliarlo a intervalli di 8-10 cm per creare salsiccette uniformi. Modellatele un po' con le mani, se necessario. Spennellate le salsicce con un po' di olio, quindi grigliatele su un barbecue per 4-6 minuti finché non saranno ben dorate e cotte, ma ancora umide. In alternativa, arrostite le salsicce sotto il grill ben caldo o cuocetele in forno a 200 °C ventilato per 10-12 minuti, ruotandole di tanto in tanto in modo che si dorino uniformemente su tutti i lati.
Servitele con Ajvar (segue ricetta), Somun (segue ricetta) caldo, Kajmak (vedi nota*), cipolle affettate e peperoni grigliati e, a parte, il sale al pepe di Bukovo.

Nota: il Kajmak è un "formaggio" spalmabile ottenuto dalla lunga cottura del latte, molto saporito, grasso e cremoso, simile al nostro mascarpone per consistenza, ma dal sapore più intenso, particolare. Potete sostituirlo con un mix di mascarpone e yogurt greco, salato leggermente.


AJVAR
"caviale" di peperoni e melanzane


Per 500-600 g

2 kg di peperoni rossi per ajvar (o peperoni rossi lunghi romani)
300 g di melanzane
45-60 ml (3-4 cucchiai) di olio di girasole o extravergine di oliva
1 cucchiaino di zucchero semolato
1 cucchiaino di sale marino in scaglie più altro se necessario
pepe nero macinato fresco 

Preriscaldate il forno a 200°C ventilato.

Disponete i peperoni su due grandi teglie da forno rivestite di carta da forno. Punzecchiate la melanzana con una forchetta e sistematela tra i peperoni. Arrostite in forno per 40-45 minuti, girando le verdure a metà cottura, finché la buccia dei peperoni non è completamente annerita, ma la polpa è ancora succosa e la melanzana non è morbida.

Togliete le verdure dal forno e mettetele in uno scolapasta posto su una grande ciotola. Coprite con il coperchio di una pentola o con una pellicola alimentare riutilizzabile (questo consente ai peperoni e alle melanzane di cuocere a vapore mentre si raffreddano per facilitare la sbucciatura). Lasciate da parte per 15-20 minuti.

Sbucciate la melanzana e sbucciate, togliete il picciolo e i semi ai peperoni. Tritate finemente la polpa di peperone e melanzana, quindi trasfetela in una pentola grande e dal fondo spesso insieme a tutti i succhi del tagliere. Mettete su fuoco medio-alto e cuocete vigorosamente, mescolando costantemente con un cucchiaio di legno, per circa 10 minuti, o fino a quando il composto non bolle e inizia ad addensarsi. Allora abbassate la fiamma a media, aggiungete 30 ml (2 cucchiai) di olio, lo zucchero e il sale e una generosa macinata di pepe nero e continuate a cuocere per altri 20-30 minuti, mescolando costantemente. Il composto deve bollire delicatamente e non deve mai attaccarsi al fondo della pentola, quindi necessita di attenzione costante. Se inizia a sembrare asciutto, aggiungete altri 15 ml (1 cucchiaio) di olio e continuate a cuocere. A seconda di come il composto assorbe l'olio, potrebbe essere necessario altro olio. Provate l'ajvar come fareste con la marmellata: mettete un po' di composto su un piatto freddo e fate passare un cucchiaino al centro. Se non si ricompone e non c'è perdita di olio dal composto, è pronto. In caso contrario, continuate a cuocere per 5-10 minuti e poi provate di nuovo. Assaggiate l'ajvar e aggiustate il condimento, aggiungendo altro sale a piacere. Quando è pronto, versate l'ajvar caldo in barattoli sterilizzati e sigillate. Una volta aperti, conservate in frigorifero e consumate entro 1 settimana.

Nota: per sicurezza consiglio di fare barattoli piccoli, fra i 100 e i 200 grammi e di procedere alla sterilizzazione tramite bollitura una volta riempiti e sigillati.

Le origini e la tecnica, raccontate dall'autrice:
"Ajvar è noto come caviale balcanico, e la parola stessa lo indica, in quanto è probabile che sia un adattamento della parola persiana khâvyâr (caviale), portata nei Balcani tramite l'Impero ottomano, o forse prima. Storicamente esisteva un’importante produzione di caviale lungo il Danubio, utilizzando lo storione selvatico che viaggiava dal Mar Nero fino a Vienna, ma si esaurì verso la fine del XIX secolo. Il "caviale rosso", fatto da peperoni rossi e melanzane ha sostituito il "vero" caviale, e alla fine è diventato l'unico e solo caviale balcanico, un tempo davvero esclusivo per l’alto costo dell’olio di girasole.
Quando questa preparazione sia diventato ajvar è materia di leggende, ma l'idea generale è che sia stato marchiato come tale dai ristoratori macedoni della Belgrado del XIX secolo.
Il dibattito fra Macedonia e Serbia su chi abbia "inventato" l'ajvar, così come sui sapori e sui metodi di preparazione più "autentici" è in corso. L'ajvar macedone (che utilizza peperoni e melanzane) e l'ajvar di Leskovac (solo peperoni) sono rispettivamente registrati a livello internazionale e hanno denominazioni di origine protette.
Strumica nella Macedonia settentrionale e Leskovac in Serbia sono generalmente note per la coltivazione dei migliori peperoni per l'ajvar. Sono peperoni rossi lunghi a forma di cuore con buccia sottile (perfetti per essere arrostiti e sbucciati) e polpa densa (ideale per l'importantissima fase di cottura secondaria).

Perché sia ​​ajvar, deve esserci una fase di cottura secondaria in cui le verdure arrostite essenzialmente si conservano nell'olio. Al posto di questa fase di cottura secondaria, alcuni useranno l'aceto per conservare i peperoni arrostiti e le melanzane, ma non ha esattamente lo stesso sapore unico. Detto questo, l'ajvar, in tutte le sue gloriose varianti, è prodotto e amato in tutta la regione dei Balcani (in particolare nelle nazioni e nelle regioni che facevano parte della Jugoslavia e nei paesi confinanti come Albania e Bulgaria) e la sua importanza culturale, storica e gastronomica deve  trascende i confini e dibattiti politici. L'unica cosa importante da ricordare è che si tratta di una deliziosa e incredibilmente versatile crema di verdure che ha il potenziale per unire la regione nella sua universale adulazione. Dalla fine dell'estate fino a tarda autunno, famiglie, amici e vicini si riuniscono nelle loro case, giardini o balconi per arrostire centinaia di chili di peperoni rossi Ajvarki o Kurtovska Kapija e (se vi trovate nella Macedonia del Nord) melanzane su una pečnica (un forno a legna o a carbonella specializzato progettato per arrostire e carbonizzare i peperoni fino a quando la loro buccia non si gonfia e diventa nera, un passaggio cruciale, poiché conferisce l'iconico sapore affumicato e li rende più facili da sbucciare. Per preparare abbastanza ajvar per durare l'inverno ci vuole un esercito: per sbucciare i peperoni e le melanzane, tritarli, stufare il composto in una grande casseruola delle dimensioni di un calderone a fuoco lento per ore, mescolando con un grande cucchiaio di legno e aggiungendo tanto olio di girasole quanto le verdure assorbiranno fino a quando il composto e il sapore non saranno concentrati e pronti per essere conditi e conservati in barattoli, pronti per l'inizio dell'inverno.

Questa è la mia ricetta di base per l'ajvar in stile macedone; aumentatela se volete, e vi incoraggio ad adattarlo al vostro gusto. Provate ad aggiungere un po' di peperoncino piccante per un tocco piccante, oppure usate peperoni verdi dolci lunghi al posto di quelli rossi. Se amate le melanzane, giocate con il rapporto tra peperoni e melanzane, oppure fate una versione solo con peperoni e aggiungete un po' di aceto per un ajvar in stile serbo. Se preferite, arrostite i peperoni e le melanzane sul fuoco vivo per un sapore più affumicato: dovrete adattare i tempi di cottura di conseguenza. La qualità dell'ajvar dipenderà dalla qualità dei peperoni, quindi vale la pena trovare il migliore che potete." (cit. autrice)


SOMUN

panini dei balcani



"Il Somun (come è conosciuto in Bosnia ed Erzegovina) o lepinja o lepinje (che significa piccoli pani, come è conosciuto nel resto della regione) è un pane piatto tradizionale e il nostro equivalente del pane pita levantino. Molte storie circondano le sue origini, tra cui quella che fu portato da, o creato per, soldati ottomani in campagna attraverso i Balcani che avevano bisogno di un pane portatile che potesse essere riempito con una varietà di cose. Un'altra è che il primo somun fu fatto a Sarajevo da un uomo il cui cognome era Somun per il governatore del sanjak, il distretto ottomano. Questa ricetta trae ispirazione dalla versione bosniaca, solitamente preparata più grande e piatta, ed è particolarmente popolare durante il Ramadan quando le persone fanno la fila per il loro somun guarnito con semi di nigella. Servitelo con Čevapi, dove vi consiglio di tagliarlo a metà e di grigliarlo per assorbire i succhi di cottura" (cit. autrice)

 

Per 2 panini grandi o 4 panini piccoli
1 cucchiaino di lievito di birra disidratato
1 cucchiaino di zucchero semolato
200 ml di acqua tiepida
250 g di farina bianca forte per pane, più un po' per spolverare
½ cucchiaino di sale
1 cucchiaio di nigella o semi di sesamo, per spolverare (facoltativo)

In una piccola ciotola, mescolate insieme lievito, zucchero e acqua. Mettete da parte per 5-10 minuti fino a ottenere una spuma. In una grande ciotola setacciate la farina e il sale, fate un buco al centro e versateci il composto di lievito. Con una forchetta, mescolate fino a quando tutto è ben incorporato e avrete un impasto grezzo, umido e appiccicoso. Coprite e lasciate lievitare in un luogo caldo per 1-1½ ora, o fino al raddoppio del volume.

Una volta lievitato, sgonfiate l'impasto e procedete con le pieghe. Con la punta delle dita sollevate il bordo dell'impasto più lontano da voi e tiratelo sopra il centro della ciotola. Girate la ciotola di 90 gradi e ripetete. Ripetete altre sei volte rimodellando l'impasto in una palla. Coprite e lasciate lievitare una seconda volta per 1-1½ ora, o fino al raddoppio del volume.

Rovesciate l'impasto su una superficie di lavoro leggermente infarinata, raschiando i lati della ciotola. Spolverate leggermente la parte superiore con la farina, quindi dividete la massa in due o quattro pezzi di uguali dimensioni. Utilizzando le mani ben infarinate, pizzicate insieme i lembi, modellando ciascun pezzo in una palla. Posizionate ogni palla (lato pizzicato come base) sulla superficie infarinata, mettete i lati delle mani attorno alla palla e premeteli con fermezza contro la sua base mentre la sollevate e la ruotate, ripetendo fino a formare una superficie liscia e tesa. Ripetete con i tre pezzi rimanenti. Foderate una teglia con carta da forno e spolverate di farina. Disponete le palline di pasta sulla teglia, ben distanziate, e fate lievitare, scoperte, in un luogo caldo per 35-45 minuti, finché non raddoppiano di volume.

Preriscaldate il forno a 230°C ventilato o alla massima temperatura possibile.

Usando la punta delle dita, appiattite ogni pallina di pasta in un cerchio di circa 12-15 cm di diametro, facendo attenzione a non far uscire tutte le bolle. Create un motivo a incrocio sulla parte superiore con un raschietto per impasto leggermente infarinato o un coltello affilato. Se li usate, cospargete la nigella o i semi di sesamo sulla parte superiore. Con le mani, spruzza un po' d'acqua sulla parte superiore. Cuocete in forno per 10-12 minuti, o finché non diventano leggermente dorati, gonfi e suonano vuoti quando vengono picchiettati sulla base. Togliete dal forno e trasferite su una griglia per far raffreddare un po'. Serviteli caldi.




Queste Ricette fanno parte del progetto 
Cook_My_Books

 


 


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giovedì 27 febbraio 2025

BUENA VISTA LOAF CAKE da Book of Great Chocolate Dessert di Maida Heatter - per il Club del 27

 di Vittoria Traversa

Eccoci al nostro appuntamento mensile con Il Club del 27 di MTChallenge. Questa volta abbiamo pensato a qualcosa che ci aiuti a superare questo ultimo periodo invernale, a scacciare freddo pioggia e neve, a coccolarci con una cosa dolce, che ci raddrizzi la giornata.

E cosa c'è di meglio del CIOCCOLATO?



Le ricette che vi proponiamo sono tratte da Book of Great Chocolate Dessert di Maida Heatter, The "Queen of Desserts" per il New York Time. Nata nel 1919, proprietaria di un piccolo ristorante, venne notata dal responsabile food del New York Times, per cui pubblicò molte ricette riguardanti i dolci. 


Nella sua lunghissima vita scrisse moltissimi libri sull'argomento, diventando una leggenda. Questo libro, monografia sui dolci al cioccolato, è una riedizione che fece lei, di ricette vintage rivisitate.

Da oggi potete trovare molte delle sue ricette provate da noi! QUI su MTChallenge trovate l'elenco delle ricette con i link diretti.

Questa torta che ho scelto è assolutamente squisita, perfetta per una corroborante merenda, vi darà sicuramente le energie per superare una fredda e ventosa giornata invernale. 

Maida la presenta così:
“Questo dolce ha vinto il primo premio in diverse fiere di contea in Colorado e California. È un semplice e meraviglioso plumcake al cioccolato, pieno di frutta secca, noci e gocce di cioccolato, quasi una fruit cake, ma non così dolce. È facile da incartare e può essere un regalo meraviglioso” (cit.Autrice)


PLUMCAKE BUENA VISTA
Buena Vista Loaf Cake

 


Per 1 plumcake – stampo da 23x13x8 cm

220 g di farina 00 setacciata
½ cucchiaino di sale
1 cucchiaino di bicarbonato di sodio
1 cucchiaino di cannella
25 g di cacao amaro in polvere (preferibilmente olandese)
120 g di burro morbido
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
1 cucchiaino di caffè espresso solubile in polvere (se granulare ridurlo in polvere)
170 g di zucchero semolato *(vedi note)
2 uova grandi
120 ml di latte
200 g di datteri denocciolati e tagliati a metà *(vedi note)
80 g di uvetta
200 g di noci e/o noci pecan a metà o a pezzi grandi *(vedi note)
150 g di gocce di cioccolato fondente *(vedi note)

Mettete la griglia a un terzo dal fondo del forno e preriscaldate il forno a 175 °C.

Imburrate uno stampo da plumcake da 23x13x8 cm e spolveratelo con pangrattato fine.

Setacciate insieme la farina, il sale, il bicarbonato, la cannella e il cacao e mettere da parte.

In una grande ciotola (o in planetaria) montate il burro. Aggiungete la vaniglia, il caffè solubile e lo zucchero e sbattete per amalgamare bene. Sempre sbattendo con le fruste, inserite le uova una alla volta, facendole assorbire bene.

A bassa velocità aggiungete circa metà degli ingredienti secchi setacciati, raschiando la ciotola con una spatola di gomma e sbattendo solo fino a quando non sono incorporati. Quindi aggiungete gradualmente il latte e infine gli ingredienti secchi rimanenti, raschiando di nuovo la ciotola e sbattendo solo fino a quando non sono incorporati. 

Ora lasciate le fruste e, utilizzando un cucchiaio, aggiungete i datteri, mescolate bene, quindi aggiungete uvetta, noci e gocce di cioccolato. Versate nella teglia preparata e lisciate la superficie.

Cuocete per circa 1 ora e mezza o fino a quando uno stuzzicadenti inserito al centro non esce pulito e asciutto. Se colorisce troppo coprite con un foglio di alluminio.

Lasciate riposare la torta nella teglia per circa 10 minuti, quindi estraetela dalla teglia, appoggiatela su una griglia e lasciatela raffreddare. Potete servirla così come è, oppure spolverata di zucchero a velo o accompagnata con panna montata, se desiderate.

La crosta sarà molto croccante, tagliate con un coltello seghettato.

Note:
Zucchero: non amo le cose troppo dolci, ho ridotto la dose a 150 g
Datteri: i miei erano molto secchi, ne ho messi solo 150 g poi tenuti in acqua calda 10 minuti
Noci: ne ho messe solo 150 g, avevo solo quelle!
Gocce di cioccolato: ho ridotto la dose a 100 g, mi sembravano davvero tantissime.

Comunque è un dolce ricchissimo di frutta secca, molto compatto e nutriente, se ne mangia un cubetto. Ne escono una dozzina di fette spesse circa 1 cm.



 Questa ricetta contribuisce al Club del 27 di MTChallenge


TESSERA N:19

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venerdì 21 febbraio 2025

BURGER DI SALMONE CON UOVO IN CAMICIA E SALSA OLANDESE da COOKING AND THE CROWN di TOM PARKER BOWLES

 di Vittoria Traversa


Oggi vi racconto la mia seconda ricetta tratta da COOKING AND THE CROWN di TOM PARKER BOWLES
@tompbowles, il libro di questa settimana per @cook_my_books, che ve ne parla QUI.


Ieri ho raccontato la ricetta del Welsh Teabread, dolce gallese molto amato da Re Carlo III, perfetto per un tipico Afrernoon Tea inglese.
ne ho parlato ieri QUI su instagram.

Oggi andiamo indietro di una generazione e saltiamo all Regina Elisabetta II

Fra le tante ricette preferite dalla famiglia reale, dalla Regina Vittoria a Re Carlo III (come recita il sottotitolo del libro), ho scelto una delle pietanze preferite dalla Regina Elisabetta II per i suoi pranzi quotidiani, delle semplici polpette di patate e salmone, arricchite da un uovo in camicia e da un’irresistibile salsa olandese e infine servite con piselli al burro. Aggiungete solo qualche fettina di pane tostato e il pranzo è servito! Per sentirvi regine, non fatevi mancare una bella tovaglia candida, un tovagliolo ricamato e le posate d’argento!
Ecco le ricette.....

                                             

BURGER DI SALMONE
CON UOVO IN CAMICIA E SALSA OLANDESE

salmon fishcakes with poached eggs and hollandaise sauce


Questo era un piatto tipico per il pranzo della regina Elisabetta II, sempre fatto con salmone e patate, poi impanato e fritto nel burro. Una volta pronto, si tagliava un "cerchio netto" dalla parte superiore e si faceva una piccola rientranza per consentire a un uovo in camicia di appoggiarsi comodamente sopra. Poi si versava la salsa olandese.(cit.autore)

Per 4 persone

Per i burger:
500 g di patate Yukon Gold, lessate, raffreddate e sbucciate
1 cucchiaio di burro salato ammorbidito
100 ml di latte intero (vedi note)
Sale e pepe nero macinato fresco
350 g di filetto di salmone, pesato senza pelle e senza lische
1 goccio di vino bianco
2 cucchiaini di ketchup
1 manciata di prezzemolo fresco tritato
Scorza grattugiata di ½ limone non trattato
3 cucchiai di farina 0 insaporita con sale e pepe
2 uova sbattute
110-120 g di pangrattato fine
2-3 cucchiai di burro chiarificato per cuocere
Inoltre:
4 uova in camicia (segue ricetta)
300 ml di salsa olandese (segue ricetta)
Piselli passati in padella con burro e sale 

Preparate il purè di patate passando le patate cotte in uno schiacciapatate in una ciotola, quindi sbattete in 1 cucchiaio di burro e latte (vedi note). Condite con sale e pepe e mettete da parte.

Preriscaldate il forno a 220°C.

Disponete il salmone su un grande foglio di alluminio, aggiungete il vino, condite con sale e pepe, quindi avvolgete in un fagottino e sistemate su una teglia. Cuocete per 10 minuti, quindi estraete dal forno, aprite il fagottino e lasciate raffreddare.

Sminuzzate il salmone nel purè di patate e aggiungete ketchup, prezzemolo e scorza di limone. Mescolate bene, quindi formate quattro tortine rotonde con il composto.

Mettete la farina, le uova e il pangrattato in tre ciotole separate. Passate ogni tortina prima nella farina, poi nelle uova e infine nel pangrattato.

Scaldate il burro chiarificato in una padella pesante, quindi friggete delicatamente le tortine per circa 5 minuti su ciascun lato, fino a quando non diventano dorate. Togliete e mettere su un piatto rivestito di carta assorbente. Tagliate la parte superiore di ogni tortino di pesce e fate un incavo nella superficie esposta.

Mettete un uovo in camicia sopra ogni tortino di pesce, annegare nella salsa olandese e aggiungere pepe nero macinato fresco prima di servire con i piselli.

Note: regolate la dose di latte a seconda del tipo di patate, non deve essere troppo morbido, altrimenti farete fatica a formare le polpette. Io ne ho usato 75 ml al massimo.


UOVA IN CAMICIA
poached eggs


4 uova
1 litro di acqua
1 cucchiaio di aceto bianco
Sale

Portate a ebollizione l’acqua con l’aceto e salate. Lavorate con un uovo per volta.

Rompete l’uovo in un piattino. Quando l'acqua bolle dolcemente, create un vortice mescolando l'acqua con il manico di un cucchiaio di legno.

Fate scivolare l’uovo nel vortice, abbassate la fiamma e fate sobbollire l’uovo finché l’albume non è sodo, ma il tuorlo è ancora liquido, circa 2 minuti.

Scolate l’uovo con una schiumarola e mettetelo con cura su un doppio strato di carta assorbente per farle scolare. Tenete in caldo mentre procedete con le altre uova.


SALSA OLANDESE
hollandaise sauce



Una deliziosa salsa calda, simile a una maionese, ma con il burro al posto dell’olio

220 g di burro chiarificato
4 tuorli d'uovo
½ cucchiaino di aceto di vino bianco
1 cubetto di ghiaccio piccolo
Un pizzico di sale
Una spruzzata di succo di limone 

Sciogliete il burro in un pentolino e tenete al caldo.

Portate a leggerissimo bollore una pentola di acqua per il bagnomaria.

In un pentolino più piccolo (che si possa immergere nella la pentola d’acqua) unite i tuorli, l'aceto, il cubetto di ghiaccio e il sale e sbattete, con una piccola frusta, per 1 minuto.

Ora immergetelo nella pentola di acqua che sobbolle e sbattete fino a quando non si addensa leggermente, circa 2 minuti. Non deve assolutamente bollire!

Aggiungete ora lentamente il burro chiarificato a filo, sempre sbattendo. Quando la salsa sarà ben gonfia, liscia e lucida, aggiungete il succo di limone, mescolate bene e servite ben calda.




Questa Ricetta fa parte del progetto Cook_My_Books



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venerdì 14 febbraio 2025

SOUFFLÈ NEL GUSCIO CON UOVA DI SALMONE da SOUFFLÉS di Matthieu Dumas

 di Vittoria Traversa

Settimana dedicata a soufflé, preparazione che spaventa assai ogni cuoco, ma in realtà molto semplice, a patto di osservare alcuni accorgimenti e soprattutto tempi! Il soufflé è un re, non aspetta!!!!  


Il libro protagonista della settimana per @Cook_my_Books è SOUFFLÉS di Matthieu Dumas, monografia dedicata a una preparazione caduta oggi in disuso. Un tempo non c'era libro di ricette che non gli dedicasse spazio e l'abilità culinaria della padrona di casa era testata proprio sul soufflè.
Apparentemente difficile, in realtà è una preparazione versatile e, imparati alcuni trucchi e accorgimenti, vi darà enormi soddisfazioni.


In questa raccolta, l'autore ci porta per mano spiegando perfettamente ogni passo e trucco........ e nulla sembra difficile! 
Se ci sono riuscita io che non sono precisa....
Se ci sono riuscita io con il forno che faceva i capricci....
Se ci sono riuscita io, con la corrente che saltava, la temperatura che scendeva inesorabilmente, il terrore che scendesse anche il soufflè...

Insomma dovete provare! la vista di quel cappello dorato è impagabile!!!! E l'orgoglio quando gli ospiti vi faranno la ola è irrinunciabile.

E poi io cerco sempre di complicarmi le cose. Poteva bastarmi un semplice stampo da soufflé???? certo che no!

Oggi vi presento il soufflé mignon da servire come aperitivo, sicura che non mancherà di lasciare a bocca aperta i vostri ospiti. Piccole nuvole dorate, soffici e cremose, cotte e servite nei gusci d’uovo (ben lavati e sanificati, dai!) sormontate da una tiara di perle rosate, piccole esplosioni di sapore. La ola è assicurata e affondare il cucchiaino in quella soffice nuvola, ripagherà i vostri ospiti di una attesa inevitabile. Voi mettetegli in mano un calice di champagne, prima di sparire in cucina……. e riemergerne 10 minuti dopo, con dei meravigliosi SOUFFLÈ NEL GUSCIO CON UOVA DI SALMONE. 


SOUFFLÉ NEL GUSCIO CON UOVA DI SALMONE
Soufflé en coquille aux œufs de saumon

 


Per 4 persone

4 gusci d’uovo da utilizzare come contenitore
Sale grosso come base per sostenere i gusci d’uovo

3 albumi
2 tuorli
20 g di burro +5 g per imburrare i gusci
20 g di farina
150 ml di latte
25-30 g di uova di salmone
1 pizzico di Piment d’Espelette o di paprika affumicata
Sale 

Scaldate il forno a 180°C statico. Evitate il ventilato.

Tagliate delicatamente la parte superiore delle 4 uova, quindi versate separatamente in due ciotole 3 albumi e 2 tuorli (i rimanenti conservateli per altre preparazioni)

Lavate delicatamente l’interno dei 4 gusci e lasciateli asciugare. Fondete i 5 g di burro e ungete delicatamente l’interno dei gusci.

Preparate la besciamella. Fate fondere il burro in una casseruola, poi aggiungete la farina, mescolate bene e cuocete per 2 minuti. Aggiungete il latte poco alla volta, mescolando vigorosamente con la frusta e fate cuocere mescolando, per qualche minuto, finchè il composto no si sarà addensato. Togliete dal fuoco.

Aggiungete subito i tuorli d’uovo, uno alla volta, mescolando bene. Incorporate adesso la metà delle uova di salmone. Salate, aggiungete il peperoncino e mescolate. Lasciate raffreddare a temperatura ambiente.

Con un goccio di aceto, montate gli albumi a neve fermissima. Con una spatola, incorporate una piccola parte di albumi alla besciamella, in modo da renderlo più morbido, poi incorporate il resto degli albumi delicatamente, sollevando l’impasto dal basso verso l’alto e ruotando la ciotola, in modo da non smontare il composto.

in una pirofila da forno, versate il sale grosso in uno strato abbastanza spesso e annidateci i gusci d’uovo, in modo che stiano in piedi. Con un cucchiaino riempite i gusci con il composto, fino a 1 cm circa dal bordo. Disponete immediatamente la pirofila sul fondo del forno già caldo e fate cuocere 7 minuti, fino a quando il composto sarà gonfiato oltre l’orlo dei gusci e avrà l’aspetto dorato.

Non aprite mai la porta del forno durante la cottura.

Servite immediatamente accompagnando con un cucchiaino colmo di uova di salmone.



Note:

Il composto è abbondante per 4 gusci d'uovo, abbastanza per farne il doppio (con le uova farete altro) oppure riempite qualche ramequin, a me ne sono venuti due.

Le uova di salmone cotte non mi hanno entusiasmato. Sono così meravigliose crude! quelle piccole esplosioni di sapore in bocca sono impagabili! Quindi, se preferite, all'interno dell'impasto possono essere sostituite con piccoli pezzetti di salmone affumicato o un pezzetto di salmone fresco, cotto a vapore e sbriciolato. 


Questa Ricetta fa parte del progetto Cook_My_Books



 

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domenica 9 febbraio 2025

GALETTE DI GRANO SARACENO CON SPINACI, UOVA FRITTE, BACON E BRIE DA ELYSIAN KITCHENS di JODY EDDY

di Vittoria Traversa

Sta davvero finendo la settimana di @cook_my_books dedicata alle antiche ricette dalle cucine dei Monasteri di tutto il mondo, ma io non riesco a smettere di sfogliare ELYSIAN KITCHENS di JODY EDDY @jodyeddy (ve ne ho parlato QUI) e vi propongo un’ultima ricetta, perfetta per la cena di questa Domenica sera invernale.

Oggi ci fermiamo in Normandia, vicino a Rouen, alla mensa della ABBAZIA BENEDETTINA di SAINT-WANDRILLE (qui sotto, in fondo al post, trovate un po' di storia dell'abbazia raccontata da Jody Eddy) ad assaggiare la GALETTE DI GRANO SARACENO CON SPINACI, UOVA FRITTE, BACON E BRIE (in originale questa ricetta prevede il formaggio Neufchâtel. Potete sostituirlo con qualsiasi formaggio semi-morbido a crosta fiorita come Brie o Camembert)

Dal suo arrivo nel Medioevo, il grano saraceno è apprezzato in Normandia, per il suo aroma di nocciola, il sapore leggermente aspro e le proprietà nutritive. Le galette di grano saraceno sono un punto fermo nei vivaci caffè di tutta la Normandia e la Bretagna, consumate a ogni ora da locali e turisti, con un bicchiere di sidro normanno. Al giorno d’oggi il grano saraceno è molto apprezzato dai celiaci essendo privo di glutine.


CREPES DI GRANO SARACENO 
CON SPINACI, UOVA FRITTE, BACON E BRIE
buckwheat crepes with spinach, fried eggs,
bacon, and neufchâtel

 


Per 6 persone

Per le galette:
1 tazza di farina di grano saraceno
1 tazza di latte intero
2 uova grandi
1 cucchiaio di burro sciolto
½ cucchiaino di sale
1 pezzetto di burro per ungere

Per completare:
350 g di formaggio Neufchâtel (o Brie) tagliato in 12 fettine uguali
100 g di foglie di spinaci appena scottate
200 g di fettine di pancetta cotta sbriciolata, tenuta al caldo
6 uova grandi fritte con tuorli ancora liquidi, tenute al caldo 

In una ciotola mescolate la farina, il latte, le uova, il burro fuso e il sale, battendo con una frusta fino a quando non si saranno ben amalgamati. Coprite e mettete in frigo per almeno 2 ore. Questo passaggio impedirà alle galette di diventare gommose e ridurrà la possibilità che si rompano quando saranno cotte.

Preriscaldate a fuoco medio una padella per crêpes (o una padella antiaderente) da 24 cm, fino a quando una goccia d'acqua spruzzata su di essa non sfrigola al contatto.

Mentre la padella si riscalda, diluite la pastella mescolando un po' d'acqua fino a quando non sarà incorporata. Usate più acqua per avere crêpes più sottili e meno per un risultato più corposo.



 
Racchiudete il pezzetto di burro in un pezzo di carta da cucina e usatelo per ungere con cura la padella.

Versate un mestolino di pastella al centro della padella e fatela roteare per assicurarvi che la pastella sia distribuita uniformemente; dovrebbe ricoprire sottilmente la superficie. Una volta che la superficie della galette è ricoperta di piccole bolle e i bordi hanno iniziato a rapprendersi e sono diventati di un marrone dorato chiaro, 1 o 2 minuti, usate delicatamente una spatola sottile in silicone per staccarne i bordi dalla padella e, il più velocemente possibile, giratela. Continuate a cuocere finché la superficie non sembra asciutta e la galette si stacca facilmente dalla padella, altri 1 o 2 minuti. Trasferitela su un piatto pulito. Rimuovete eventuali residui di pastella dalla padella usando un tovagliolo di carta, lasciate che la padella si riscaldi, ungetela e ripetete il ​​processo fino a quando non avete utilizzato tutta la pastella; dovreste ottenere 6 galettes. Se non le utilizzate subito, avvolgetele nella pellicola e conservatele in frigorifero per un massimo di 1 giorno.

Per completare le galette, scaldate la padella a fuoco medio. Mettete una galette cotta nella padella e scaldala da un lato, circa 1 minuto. Mettete due fette di Brie al centro della galette e guarnite con circa 2 cucchiai di spinaci, 2 cucchiai di pancetta sbriciolata e un uovo fritto. Ripiegate i lati della galette sul ripieno per formare un quadrato. Continuate a scaldarla finché gli ingredienti non sono ben caldi, 2 o 3 minuti. Servite subito.

Suggerimenti dell’autrice:

Le crêpes ripiene (galettes complètes) sono infinitamente versatili. Altre idee per il ripieno includono asparagi e formaggio di capra conditi con un aceto balsamico di alta qualità, radicchio arrostito e prosciutto affumicato con un formaggio morbido e potente come il Taleggio, zucca butternut arrostita con semi di zucca e parmigiano, salmone affumicato con capperi e formaggio cremoso, finferli o porcini arrostiti con scalogno caramellato, aglio arrostito e timo, granchio o gamberetti con cipollotti appassiti, besciamella e scorza di limone grattugiata e la combinazione ridicolmente indulgente (e delirantemente buona) di Nutella e banane a fette per dessert.


Da Elysian Kitchens - Jody Eddy:
La storia dell'Abbazia di Saint-Wandrille di Fontenelle è la storia della Normandia. L'abbazia fu fondata da Vandregisildo, Saint Wandrille nell'anno 649. I Vichinghi razziarono Saint-Wandrille a metà del IX secolo e bruciarono la chiesa fino alle fondamenta, ma non prima che i monaci riuscissero a fuggire con le sue preziose reliquie. Fu ricostruita di nuovo, solo per essere colpita da un fulmine e distrutta ancora una volta subito dopo la sua consacrazione all'inizio dell'XI secolo. Imperterriti, i monaci la ricostruirono, solo per perderla in un incendio a metà del XIII secolo.

Continuò in questo modo per secoli. La sua perpetua perdita e rinascita divennero un simbolo di resilienza per il popolo normanno, che a sua volta subì la sua quota di conquiste. Divenne un stimato centro di apprendimento per i monaci cattolici in tutta Europa. Furono attratti da questo rifugio rurale nella Francia nord-occidentale per la sua rinomata biblioteca e le sue acclamate scuole di calligrafia, scienza, matematica e belle arti.

Diversi secoli dopo, subito dopo la Rivoluzione francese, l'abbazia fu venduta all'asta. La demolizione parziale fu il destino della chiesa in quel periodo e il resto degli edifici fu prima utilizzato come fabbriche e poi venduto a una famiglia locale. Verso la fine del XIX secolo, la proprietà fu restituita ai monaci benedettini francesi. Fu durante questo periodo che le amate tradizioni abbandonate da tempo, come il canto gregoriano per il quale i monaci sono oggi famosi in tutto il mondo, furono riprese.

L'intera comunità monastica fu di nuovo esiliata nel 1901 a seguito della convinzione che le comunità clericali minacciassero la sovranità della repubblica. I monaci trascorsero i successivi tre decenni esiliati in Belgio, per poi tornare finalmente nel 1931.

I monaci non sentirono la mancanza solo del loro monastero, ma anche delle tradizioni culinarie della loro amata Normandia durante il loro periodo lontano.

Le sue 370 miglia di costa e la campagna verde e fertile, spazzata dal vento, dove pascolano pecore e bovini allo stato brado, prosperano frutteti di pere e mele e prosperano alberi di nocciole e noci, hanno plasmato una cucina distintiva che ha affascinato i buongustai per secoli. Ostriche e cozze dall'Oceano Atlantico, trote fario e salmoni dai fiumi tortuosi, formaggi cremosi e burrosi dalle mucche e dalle pecore, sidro e Calvados dai meli, tutto questo compone l'arazzo di un'antica storia culinaria tanto distintiva quanto Saint-Wandrille, e altrettanto resiliente. "Molti dei piatti che i monaci gustano oggi a Saint-Wandrille sono le stesse ricette che i cuochi qui usano da centinaia di anni. Perché cambiare qualcosa che è il più vicino alla perfezione che gli esseri umani possono raggiungere qui sulla terra?" Padre Philippe Chopin chiarisce: "Abbiamo ricettari pieni di cose sublimi, ma i nostri pasti quotidiani sono composti da cose più semplici, come insalate fatte con verdure ed erbe coltivate nel nostro orto, formaggi provenienti da fattorie vicine, miele dalle nostre api, tisane dal nostro orto medicinale e la domenica abbiamo vino e birra, preparati proprio qui al monastero" Semplici, ma comunque splendidi".

Padre Chopin sottolinea: "La Regola di San Benedetto afferma che dobbiamo essere laboriosi e sostenerci attraverso attività comunitarie che generano entrate". C'è un centro di ritiro con quindici stanze che ospitano cinquanta uomini e cinquanta donne quando sono a piena capacità. C'è anche una sala da pranzo che serve 36.000 pasti all'anno agli ospiti che viaggiano per il monastero da ogni angolo del mondo. Il famoso negozio di souvenir a Saint-Wandrille è un'altra testimonianza di laboriosità. Gli scaffali sono pieni di prodotti realizzati dai monaci, che guardano alle tradizioni del passato ma tengono anche d'occhio il futuro, una tradizione ripresa nel 1931,  dopo il ritorno dei monaci dall'esilio.


Questa Ricetta fa parte del progetto Cook_My_Books

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