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X_Kitchen

Enigma N.3 maggio
Riempite una brocca con un litro di vino e una con un litro di acqua gassata. Adesso prendete un bicchiere, riempitelo con l'acqua della seconda brocca e versatela nella prima. Dalla prima caraffa, che ora contiene acqua gassata e vino, versate abbastanza liquido per riempire di nuovo il bicchiere e versatelo nella seconda brocca. A questo punto sara' piu' l'acqua gassata presente nella prima brocca o il vino presente nella seconda?

Enigma N.2 maggio
Andando ancora più indietro nel tempo ritroviamo nelle cronache di corte il menu di un famoso banchetto servito a Parigi:
"...33 arrosti di capriolo, 33 lepri, 6 maiali, 66 galline da brodo, 66 fagiani, 3 staia di fagioli, 3 staia di piselli, 12 dozzine di carciofi...".
Sapreste dirmi in onore di chi fu servito e perché era composto rigorosamente da multipli di tre?

Soluzione: Il personaggio misterioso e' Caterina de Medici, regina di Francia che da Firenze porto' a corte - tra l'altro - l'arte della cucina e l'uso delle mutande (!). A lei nel 1549 la citta' di Parigi offri' un banchetto in cui ogni ingrediente di ogni portata era divisibile per tre, il numero perfetto, semplicemente per soddisfare la sua scaramanzia. Caterina era una grande politica e una benefattrice dell'arte, ma era anche un'inguaribile superstiziosa. Aveva un astrologo di fiducia, Cosimo Ruggieri, cosi' famoso e temuto da rischiare una condanna a morte per maleficio, e preferiva rivolgersi agli alchimisti piuttosto che ai medici. Non senza ragione: fu un alchimista a individuare il difetto dell'utero che le impediva di restare incinta e le permise di passare dallo stato di moglie quasi ripudiata a quello di madre di dieci figli, tra cui ben tre re di Francia.

E brava Caterina, maestra di tutte le X-Kitchen passate e presenti.
 
Enigma N.1 maggio
Il figlio di un fornaio e un cattivo studente litigarono su quale fosse il piatto piu' buono, se il caciucco livornese o la folaga rosolata lucchese. La lite si ricompose solo dopo anni, quando nella
capanna di Giovanni dalle Bande Nere nacque il Club La Boheme, di cui riportiamo l'articolo 1 dello statuto: "I soci del Club La Boheme, fedeli interpreti dello spirito onde il club e' stato fondato, giurano di bere tanto e mangiare meglio".
Di quali importanti personaggi della cultura italiana parliamo?

Soluzione: I protagonisti dell'aneddoto storico sono due grandi musicisti. Il figlio del fornaio è Pietro Mascagni, il cattivo studente è Giacomo Puccini. Proprio Puccini, amante della cacciagione,
dei fagioli al fiasco e del vino frizzante, quando era già un musicista famosissimo fondò in un'osteria di Torre del Lago il club La Bohème, con i compagni di banchetti e scorribande. E lì si riconciliò con l'amico Mascagni.
 
Enigma N.4 aprile
Avevamo una sola cosa in comune il mio vecchio professore del liceo e io: l'amore per la buona tavola. Spesso, dopo la scuola, sedeva da solo a un tavolino della trattoria del Corso, il giornale piegato in
quattro in una mano, la forchetta sospesa in aria nell'altra, in attesa del piatto del giorno. Il figlio del padrone era un suo alunno.
Più scappellotti e brutti voti rimediava in aula, più si vendicava in trattoria: gli faceva le smorfie alle spalle, gli serviva un piatto vuoto, lo spettinava con il tovagliolo fingendo di volerlo aiutare...
Finché il vecchio prof non si stufò e un giorno al momento di ordinare intimò al giovane:
- Portami subito un Crispus Perexutus Saganaki! E mi raccomando che sia di Perna, e non di Petaso!
Il ragazzo naturalmente non capì un acca e sbagliò ordinazione. E quando il cliente si lamentò del servizio ricevuto, dal padre prese il resto. Eppure il mio professore aveva ordinato un piatto semplice.
Sapreste dirmi quale?


Soluzione: Il professore aveva ordinato una semplice crepe prosciutto e formaggio, ma in un curioso misto di latino e greco antichi! Una versione accreditata della nascita della crepe risale al V secolo, quando il pontefice Gelasio ordinò che venissero preparate delle frittatine con tutta la farina e le uova disponibili per sfamare dei pellegrini francesi arrivati in Vaticano: piacque tanto, quella
frittatina, che al ritorno in Francia ne diffusero l'uso con il nome di crepre, dal latino crispus (increspato, raggrinzito). Fu Catone invece il primo a descrivere l'esatto modo di salare e seccare la
carne di maiale, definendolo "perexetus" (ovvero "privato di ogni liquido") e distinguendo tra prosciutto di perna, cioè di coscia, e di petaso, cioè di spalla. Mentre in Grecia ancora oggi il termine “saganaki” indica la presenza del formaggio in una ricetta.

Complimenti a Francesca Antonioli, che è stata la più veloce a dare la soluzione giusta, ma soprattutto complimenti a Carlotta Negro, che ha la migliore classifica generale di aprile e quindi si aggiudica una lezione gratuita alla scuola di cucina di Via del Gusto!
Una menzione speciale anche per la nostra blogger Paola che è stata la concorrente più assidua: anche lei vince un corso di cucina ad honorem :)

Enigma N.3 aprile
La voce di quest'uomo dallo sguardo allucinato, la barba lunga e la parlata incerta, sembra arrivare dalla penombra della sua camera. La voce è impastata, trascinata, come di chi si risveglia da una lunga
sbornia. Ma invece di non ricordare niente, come capita in queste occasioni, lui ricorda tutto.
"Se avessi ascoltato mio padre a quest'ora sarei un grasso banchiere con le chiappe flaccide su una grossa poltrona con vista sulla Borsa. Ma per fortuna vostra non l'ho fatto".
Già, per fortuna.
"Puoi dirlo forte. Ho seguito la mia passione per la musica e sono diventato una star. Nel mio genere, per tutti sono il Re". Com'è quel detto? "Il re è morto".
"Pochi anni prima di andarmene, un sondaggio ha stabilito che ero il personaggio più famoso dopo la regina e il primo ministro. Sai che soddisfazione... Preferisco ricordare le tourné, interminabili, in tutto il mondo, gli applausi a ogni concerto, e una collezione di successi pari solo a quella dei Beatles. Non c'è ragazza o ragazzo della mia epoca che non abbia ballato e sognato sulle note della mia
musica. Certo non mi sono fatto mancare niente, ho sempre avuto un appetito robusto, non so se mi spiego... Tre mogli, ho avuto, ma più di tutte ho amato Olga".
Ma siamo qui a parlare per un altro tipo di appetito, no?
"Giusto! Divagavo. E' vero, amo la buona tavola... La carne, soprattutto. Una vostra specialità, in particolare, è stata la mia passione. La mangiavo anche altrove, naturalmente, ma solo in Italia
ha quel sapore unico... Ogni volta che passavo per Milano non mancavo di assaggiarne in quantità. Amore vero, tanto che le ho dedicato uno dei miei successi, come si fa con le belle ragazze che ti stregano il cuore. E sai la cosa più buffa? Dopo la mia morte lo spartito è andato bruciato e quella musica si è persa per sempre".
Giusto, signor... signor... Che strano, ho dimenticato il suo nome.
Ma forse tra le nostre lettrici c'è chi ha capito chi è lei, e qual è la specialità a cui si riferisce.


Soluzione: Il misterioso interlocutore è il compositore austriaco Johann Strauss figlio, detto il Re del valzer. Se le sue musiche sonoancora note a tutti, ai suoi tempi fu una vera celebrità, paragonabile
a una rockstar di oggi. Suonò in tutto il mondo e ogni sua composizione divenne un grande successo, compresa la "Cotolekt polka" che dedicò al suo piatto preferito. Strauss apprezzava la Wiener Schnitzel, carne cotta con la farina e pangrattato ma senza uovo, ma si esaltò addirittura quando a Milano conobbe la cotoletta originale "copiata" dagli occupanti austriaci. Purtroppo lo spartito venne bruciato per errore poco dopo la sua morte e oggi se ne sono perse le tracce. Non conosceremo mai le note della "Cotoloekt Polka", ma possiamo sempre consolarci con una dorata e profumata cotoletta alla milanese!
Brava Antonella Pistocchi da Novara che ha risolto il mistero prima di tutti.

Enigma N.2 aprile
Visto il successo del quiz precedente, restiamo in tema. Vi propongo un nuovo enigma ancora a base di uova:

Il dottore, infatti, era volubile come tutti gli uomini abituati alla conquista e gli era bastata una settimana per stancarsi della famosa brunetta. Sapeva che lei non avrebbe accettato di essere scaricata, ma conosceva anche la sua passione per il mistero e il soprannaturale.
Le mostrò due uova, una segnata con una X sul guscio e una con una Y, e le chiese di sceglierne una. La ragazza scelse quella con la Y. "Cara, noi viaggiamo a due velocità diverse - le disse - non siamo fatti per restare insieme a lungo e te lo dimostrerò. Fai ruotare queste due uova e vedrai che la tua si fermerà ben presto, mentre quella che il destino ha lasciato a me continuerà a girare a lungo. Se accadrà, ci lasceremo oggi stesso".
La giovane poggiò le uova su un tavolo e contemporaneamente, cercando di imprimere la stessa forza, le fece ruotare come trottole. Come aveva previsto il dottore, l'uovo marchiato con la Y si fermò quasi subito. Quello con la X girava ancora mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.
Ma la ragazza sapeva di cosa era capace quell'uomo e un sospetto si insinuò nella sua mente: e se fosse solo un trucco per lasciarla?
"Ripetiamo l'esperimento - rispose rassegnato il dottore - Ma per dimostrarti che è solo il caso a decidere per noi, scambiamoci le uova. Tu avrai quella con la X e io quella con la Y. E potrai anche provare a fermarle con le mani. Ma vedrai che non sarà sufficiente a fermare il disegno del destino...".
La giovane poggiò di nuovo le uova sul tavolo e le fece roteare, poi le toccò contemporaneamente per un secondo e ritrasse le mani. Ma mentre il suo uovo rimase fermo, quello del dottore riprese lentamente a girare su se stesso...
Mentre la porta si richiudeva alle sue spalle per l'ultima volta, la giovane bruna si allontanava con una certezza: quell'uomo che per un breve periodo aveva amato era il diavolo. Ma noi sappiamo che il dottore era solo un furbastro: sapreste dirmi come ha fatto?

Soluzione: il Dottore, come ogni seduttore, non si vergogna di ricorrere a qualche bieco trucchetto. Per vincere la scommessa usa un uovo crudo e un uovo sodo. Quest'ultimo ruota molto più a lungo
dell'altro per la seconda legge di Newton, secondo cui un corpo tende a restare nel suo stato se non intervengono cause esterne a modificare tale stato: la parte interna dell'uovo crudo, infatti, è legata solo debolmente al guscio a cui si imprime la rotazione e per questo tende a rimanere fermo. Ma per la stessa legge della fisica, se si ferma per un secondo con la mano la rotazione delle due uova, l'uovo sodo si fermerà all'istante mentre quello crudo (di cui si è bloccato solo il guscio e non la parte interna) si rimetterà in lento movimento. Quanto basta per ingannare la povera giovane protagonista della storia, ma non voi, che a questo punto sarete pronte per un nuovo giallo da risolvere.


Enigma N.1 aprile
Il dottore sì che sapeva come animare una festa. E le giovani sotto i cappellini non avevano occhi che per quell'uomo non bellissimo, ma affascinante. Sapeva che per conquistare una donna bisogna solleticare la sua curiosità, e immancabilmente ci riusciva stupendole con trucchi ed esperimenti.
Su un tavolo aveva disposto tre recipienti cilindrici trasparenti riempiti d'acqua per metà. Uno dopo l'altro, con gesti teatrali, fece volteggiare tre uova davanti al suo pubblico e poi ne immerse una in ogni vaso, che colmò delicatamente di altra acqua.
Le ragazze poterono osservare allora uno strano fenomeno. L'uovo a sinistra era adagiato sul fondo, quello a destra galleggiava placido in superficie, quello al centro se ne stava sfacciato a metà del recipiente, oscillando allegramente avanti e indietro.
Applausi e gridolini sottolinearono il trionfo dell'incantatore, che più tardi, quando il sole era calato da un pezzo, sussurrò la soluzione del trucco all'orecchio della graziosa brunetta in prima fila.
Sapreste spiegare il comportamento delle tre uova senza l'aiuto del dottore?
Soluzione:  il dottore usa due uova fresche e una vecchia di quattro settimane. Quest'ultima, immersa nell'acqua, torna alla superficie perché è diventata più leggera, a causa dell'evaporazione graduale della parte liquida attraverso il guscio poroso, e perché la "bolla d'aria" all'interno, cresciuta giorno dopo giorno, come un salvagente l'aiuta a galleggiare. Il secondo uovo, molto fresco e quindi "pieno" e pesante, si adagia sul fondo. Il terzo, pur essendo fresco, si stacca dal fondo ma non arriva in superficie: resta immerso a metà della caraffa. Questo è possibile perché l'acqua nel terzo vaso è satura di sale e perciò più densa: quando il dottore aggiunge lentamente acqua pura, questa tarda a diluire la soluzione salina; l'uovo così sale sopra l'acqua salata ma resta sotto l'acqua dolce, oscillando quindi a metà del contenitore.
In tante hanno indovinato parte della soluzione, o comunque intuito che c'entravano l'età e il sale, ma solo DANIELA LUCISANO ha fornito una spiegazione completa e dettagliata. Chissà se ha conosciuto il nostro dottore-seduttore...

Enigma N.4 marzo
Domenica era il giorno dell'annuale sfida con la mia amica Rossella per la marmellata più buona, ma non volevo rinunciare a un weekend romantico con il mio ragazzo. La particolarità della nostra sfida è che si svolge a distanza: lei a Napoli e io a Milano. Ma stavolta ero in una baita di montagna, senza gas né acqua corrente! Non mi sono scoraggiata però, ho acceso la stufa a legna e a mezzogiorno la gara è cominciata. Entrambe avevamo un chilo di frutta e uno di zucchero. Restando in contatto con la webcam, abbiamo lasciato i mirtilli sotto zucchero per un po', poi abbiamo messo tutto in pentola a fuoco vivo. Entrambe abbiamo fatto bollire il composto tre volte, aggiunto il succo di limone e allungato con due mestoli d'acqua prima di far ridurre di nuovo. Lei se l'è cavata aprendo il rubinetto, ma io ho dovuto rubare l'acqua minerale (naturale) al mio ragazzo! Quando la marmellata si è raffreddata l'abbiamo messa nei vasetti che ci saremmo spedite per l'assaggio finale che decide la vincitrice dell'anno. Ma il giorno dopo ho avuto una bruttissima sorpresa: la mia marmellata era molto liquida, inutilizzabile, mentre quella di Rossella era perfetta, come la perfida mi ha mostrato via webcam. Non capivo cosa non avesse funzionato, ma la sera, a forza di leggere ricettari e manuali, ho risolto il mistero! E voi, sapreste dirmi dove ho sbagliato?

Soluzione: a fare la differenza tra la mia marmellata e quella della mia amica è stata l'acqua! Proprio così, secondo gli studi del famoso chimico-gastronomo Hervé This gli ioni di calcio contenuti nell'acqua si legano contemporaneamente a due molecole di pectina, cosa che aumenta la densità della confettura. L'acqua di rubinetto è chiaramente più calcarea di quella minerale naturale che sono stata costretta a usare: un'acqua particolarmente dolce non ha "legato" abbastanza il composto. Quindi non fate il mio errore: per le vostre marmellate usate solo acqua di rubinetto :)

Patrizia Malomo e' la migliore concorrente di X-Kitchen di marzo. A lei va il premio mensile: un corso di cucina a scelta alla scuola di Via del Gusto (www.viadelborgo.it/scuola-di-cucina).

Enigma N.3 marzo
"La maschera rossa", un piccolo omaggio a Edgar Allan Poe.

Nessuno mi ha mai visto senza questa maschera rossa che mi avvolge e mi ripara dai miei nemici. Con essa ho attraversato il tempo e la storia. Mi sono nascosto tra i soldati francesi per attraversare il confine, ero l'unico che poteva farlo. E sempre dietro la cera della mia maschera mi sono insinuato nelle corti di tutta Europa, conquistando uno dopo l'altro re e regine. So essere indigesto quando voglio, ma piacevo ai miei nemici. Così decisi di seguirli in America, dove feci la mia vera fortuna, non prima di aver fatto strage tra i frati di San Giacomo. Durante il mio lungo viaggio, si sparse la voce che avessi poteri misteriosi e all'arrivo tutti sapevano che ero capace di affondare le navi solo toccando le loro vele. Una notte, molto tempo dopo Paul Baumer, fissando la mia maschera rossa, scorse i segni della sua morte imminente. E così fu, mentre io continuo a prosperare in mille forme.
Avete riconosciuto il protagonista di questa storia?

Soluzione:  il formaggio Edamer. La maschera rossa è naturalmente il tradizionale involucro di cera di questo formaggio vaccino che nel Seicento partì dalla città di Edam, nel nord dell'Olanda, alla conquista del mondo, in un processo di proto-globalizzazione che ne fece uno degli alimenti più diffusi di tutti i tempi. La sua esportabilità era merito dell'invecchiamento facilmente gestibile, dal grande potere nutritivo e della grandezza delle sue forme, che lo rendevano trasportabile, ad esempio, negli zaini dei soldati. Durante la Guerra d'Olanda, i mercanti avevano il permesso di attraversare le linee per vendere l'edamer all'esercito nemico. I soldati francesi lo diffusero poi in tutta Europa, e da qui salpò per le Americhe. Nel viaggio verso gli Stati Uniti si diffuse una leggenda che dura ancora oggi, secondo cui le forme di edamer potevano essere usate come palle di cannone per abbattere le navi nemiche. Naturalmente è solo una leggenda: un po' pesante, d'accordo, ma non fino a questo punto! A riprova della fama dell'edamer, ho ricordato un brano del romanzo di Remarque "Niente di nuovo sul fronte occidentale", il cui protagonista Paul Baumer fissando la buccia rossa ha un presagio della sua fine.
La più veloce a indovinare è stata... Paola, la blogger che ci ospita! Complimenti a lei.
Enigma N.2 marzo
C'era una volta un re il cui amore per la buona tavola era pari solo alla sua avarizia. Una sera, insoddisfatto dell'arrosto che gli era stato servito, convocò alla tavola i suoi due cuochi: un inglese e un francese.
"Preparatemi le migliori patate che abbiate mai cucinato - ordinò - Ma vi avverto, se non saranno di mio gusto vi farò cuocere nell'olio bollente, come una patata!".
I cuochi si misero subito al lavoro, mentre un grosso pentolone colmo d'olio veniva messo sul fuoco.
L'inglese, furbo ed esperto, conosceva i gusti del sovrano. Per risparmiare sbucciò la patata con quattro colpi di coltello e l'immerse nell'olio bollente, appena una crosta apparve sulla superficie la scolò, la salò e la porse al re, che la mangiò emettendo grugniti di piacere.
Il cuoco francese, giovane e superbo, non seppe rinunciare alla sua vanità e con calma si mise a sbucciare con il coltello la patata fino a ottenere sette facce uguali, poi la buttò nell'olio. La scolò al momento giusto e la offrì al re, che la mangiò emettendo gli stessi grugniti di piacere della precedente.
Secondo voi chi vinse la sfida e chi fu gettato nell'olio bollente? e perché?


Soluzione: il re, da buon avaro, punì il cuoco inglese, che aveva sprecato più prodotto. A prima vista, la tornitura che rende le patate regolari e ben presentabili è poco economica: a ogni colpo di coltello si perde un po' di materia. Ma se si usa la geometria si capisce che non è così. Immaginiamo la patata come un cilindro: se la sbucciamo con 3 colpi di coltello, un sacco di polpa resterà attaccata alla buccia; se diamo 4 colpi di coltello se ne perderà un po' meno e così via. Più colpi di coltello si danno, meno patata va sprecata nell'operazione di sagomatura. Arrivati al settimo colpo, c'è ancora un bel risparmio. Ma dall'ottavo in poi la quantità di polpa risparmiata si riduce notevolmente e quindi è inutile proseguire. Tagliare la patata in sette facce è il massimo dell'economia di lavoro e di materia. È per questo che ancora oggi in tutto il mondo la patata tornita presenta sette facce uguali.

Enigma N.1 marzo
Sappiamo che la storia dell'alimentazione è strettamente legata a quelle delle invenzioni e delle grandi esplorazioni. Ma il protagonista dell'enigma di questa settimana ha viaggiato davvero molto a lungo seguendo rotte davvero strane.
Posso dirvi che arrivò sulle tavole europee alla fine del 1400, ma il suo uso divenne davvero comune solo nel XVIII secolo. L'apprezzavano alla corte degli Angioini, ma non nei castelli sulle Alpi. Il filosofo e scienziato Montaigne ne ignorava l'esistenza, un viaggiatore inglese la scoprì in Italia. All'inizio fece scandalo, si sosteneva addirittura che inducesse al peccato! Ma quando divenne di moda, come sempre, tutti (compresi la Cina e il Giappone!), dissero che veniva da lì. Oggi chi usa le mani tiene sempre un dito alzato, mentre su certe tavole chi può mangia un pezzo sicuro.

Soluzione: la forchetta
un applauso a Patrizia Malomo, l'unica ad aver indovinato che la protagonista del viaggio non era una pietanza, ma un oggetto e per la precisione la forchetta.
Peccato che Patrizia non ci abbia spiegato com'è arrivata alla soluzione, ma a questo rimediamo subito...

La forchetta è la più giovane delle posate. Un utensile appuntito con cui infilzare il cibo è presente in tutte le civiltà antiche, ma la forchetta come la conosciamo oggi risale al Medio Evo. Aveva però un uso molto limitato (ad esempio, per prendere i datteri) fino a quando verso la fine del XV secolo dal Sud Italia si diffuse il consumo della pasta. Dal Mediterraneo, molto lentamente, si diffuse al Nord Europa e verso il 1750 era conosciuta praticamente da tutti. Quando apparve alle corti italiane e francesi la sua somiglianza al forcone (l'attrezzo del diavolo) le diede una brutta reputazione e più di un vescovo ne vietò l'uso. Finché non assaggiò un buon piatto di maccheroni... Gli ultimi indizi riguardavano la forchetta nella musica (è la posizione in cui si solleva un dito tra due dita abbassate sui tasti o i buchi dello strumento) e negli scacchi (è l'attacco simultaneo a due pezzi avversari, che in mancanza di contromosse garantisce di mangiare uno dei due).

Enigma N.4 febbraio
Un casco di platani
Latte di cocco
Tre arance
Un pero delle indie
Sono gli ingredienti di un famoso pasto esotico messo in tavola a Parigi. Sapete dirmi chi era lo chef?

Soluzione: Paul Gauguin
Gauguin dipinge "Il pasto" nel 1891, durante i primi mesi di permanenza a Tahiti. Non rappresenta alcuna ricetta esotica, tanto più che a Tahiti non c'era l'abitudine di mangiare a tavola: è più un catalogo della cucina tahitiana. Le banane da cuocere erano alla base dell'alimentazione, così come il latte di cocco; il recipiente di legno era usato per cucinare il pesce e nella composizione è inserita anche una zucca essiccata e svuotata, usata per travasare i liquidi, oltre ad alcuni frutti tra cui una guaiava, o guava, detta anche pero delle Indie, un frutto della famiglia delle mirtacee usato fresco o in succhi e confetture. Oggi il quadro è esposto al Museo d'Orsay.
Ora è il momento di concedere i giusti onori alla più brava di tutte. La vincitrice di febbraio è Chiara Picoco, che ha collezionato un primo, due secondi e un settimo posto. Complimenti! Vinci un corso di cucina a Via del Gusto a scelta (il programma è su http://www.viadelborgo.it/).

Enigma N.3 febbraio

"Avevo bevuto troppo, questo era sicuro. La sola cosa di cui fossi sicuro, in quel momento. Sapevo solo che mi trovavo in un bel pasticcio.
Ero circondato e non ricordavo nulla della notte prima, ma evidentemente avevo fatto lo spiritoso con la persona sbagliata. Non sapevo chi mi avesse intrappolato. Un uomo, una donna, non ricordavo neanche questo. Forse una donna. Solo una donna ti sa fregare con tanta dolcezza.
Provai a guardarmi intorno, ma il buio era troppo fitto.
ProvaI a concentrarmi, ero tutto rosso... Inutile. Non sono certo un'acciuga, ma per quanto mi sforzassi non riuscivo a liberarmi. L'unica possibilità era aspettare che succedesse qualcosa.
E qualcosa successe, dannazione, e non fu per niente piacevole. Dovevano essere passate ore quando mi risvegliai. La prigione era invasa da un liquido vischioso. Stavo annegando. Intorno a me, nel buio, riuscivo appena a intravvedere le pareti, nere come il pavimento e il soffitto, che mi circondavano, così vicine che quasi non potevo muovermi.
Capii che per me era finita. Almeno c'era il cognac a farmi compagnia. Pensai alle mie origini lontane, all'Africa e a quel caro ragazzo che era diventato ricco sulla mia pelle. L'ultima cosa che sentii fu la mano che mi afferrava per farmi fuori."
Di chi si tratta?

Soluzione:  il Boero.
Vi siete mai chieste come si infilano la ciliegia e il liquore dentro il cioccolatino? Merito di una "diabolica" reazione chimica. La ciliegia (o meglio, la visciola nella ricetta originale) sotto spirito viene avvolta in un blocchetto di pasta di zucchero trattato con alcuni enzimi, su cui viene colato il cioccolato fuso. Una volta al buio, gli enzimi sciolgono lo zucchero che si fonde con il liquore della ciliegia, dando al boero il suo aspetto definitivo. Ai veri indizi (il pasticcio nel senso della pasticceria, la dolcezza, il colore rosso della ciliegia, le origini africane del nome) ho aggiunto qualche tranello in cui poche sono cadute (il concentrato rosso come il pomodoro, l'acciuga). Ma quante avevano capito che il "caro" ragazzo a cui pensa il boero prima di essere fatto fuori non è altri che l'industriale "Mon Cheri"?
La più veloce stavolta è stata Andante Con Gusto, complimenti per l'intuito!


Enigma N.2 febbraio

Appena nato, la madre sposa un fornaio.

Da bambino si diverte a creare modellini di marzapane.
Da ragazzo, per mantenersi agli studi, fa il cameriere a Firenze.
A causa della morte del cuoco, viene promosso in cucina.
A 26 anni, con l’amico Sandro, apre un ristorante suo. Con scarso successo.
Più tardi inventa un tritacarne e uno schiaccianoci meccanico.
A 30 anni si trasferisce a Milano in cerca di lavoro. Conclude il curriculum decantando la sua abilità di pasticciere.
Diventa consulente per i banchetti delle famiglie più in vista della città.
Per rilassarsi, si dedica all'orto.
Il suo lavoro più famoso dà il nome a una patata.
Alla morte, lascerà buona parte dei suoi beni alla cuoca.
Di chi si tratta?

Soluzione: Leonardo da Vinci.
L'amore del grande genio per il cibo è cosa nota, così come la sua passione per il giardinaggio e la coltivazione, che sfogò soprattutto negli orti (comprensivi di vigna) ricevuti in dono da Ludovico il Moro a Milano. Nel presentarsi al nobile signore Leonardo portò una lettera di autoreferenze in cui elencava i suoi numerosi talenti, ma i primi incarichi non furono opere ingegneristiche né grandi affreschi: venne assunto come responsabile delle scenografie delle feste e dei banchetti degli Sforza.
Le notizie che riguardano la nascita, la morte e l'eredità di Leonardo sono provate da documenti dell’epoca, mentre la sua “carriera” in cucina, come cameriere, ristoratore e cuoco è solo un’ipotesi che non trova tutti gli studiosi d’accordo. Nel 1987 gli inglesi Shelagh e Jonathan Routh nel libro “Note di cucina di Leonardo da Vinci” (Voland Editore) hanno riletto con spirito e leggerezza alcune pagine del Codex Romanoff, che alcuni storici (ma non tutti) attribuiscono a Leonardo.
Un’ultima curiosità: Leonardo fin da ragazzo seguiva una dieta vegetariana. Oggi una varietà di patata a pasta gialla porta il nome di Monna Lisa.
La più veloce questa volta è stata: Simona della Valle!


Enigma N.1 febbraio
Cominciamo con un giallo gotico di atmosfera medievale:

Una fredda nebbia occupava ancora le strade del villaggio, quando il monaco entrò in città. Nel silenzio il bastone che accompagnava i suoi passi risuonava sordo sul selciato.Lo straniero si fermò davanti a una figura appoggiata a un albero sul limitare di un campo, proprio all'inizio del paese.
- Da dove vieni?, chiese l'uomo.
- Dalla Spagna, rispose il monaco, allungando il braccio per indicare il Sud.
- Se sei arrivato in Essex dalla lontana Spagna a piedi, devi avere una missione importante.
- E' così. Porto con me qualcosa di prezioso come l'oro.
- Più dell'oro? E di che si tratta?
- Questo è un segreto. Un segreto che conoscono i farmacisti arabi e i più bravi maestri vetrai, anche se dicono che si trovi in gran quantità nei lattarini. Fu un fenicio a portarlo a Venezia, e i mercanti veneziani lo vendettero ai re per le loro vesti. Ma io l'ho trafugato dalle cucine della corte di Madrid.

Senza dire altro, l'uomo si staccò dall'albero e con un fendente tagliò la gola al monaco, che cadde morto nel suo sangue.
L'assassino si chinò e frugò nella tunica, alla ricerca del prezioso carico. Ma non trovò nulla e rabbioso si dovette allontanare senza il frutto del suo crimine.
Quando la nebbia finalmente si alzò, sotto l'albero restava solo un cadavere freddo. Nessuno risolse il mistero della sua morte, eppure gli abitanti del villaggio non hanno mai dimenticato quel monaco che
arrivava da lontano.
Cosa portava con sé?

Soluzione dell'enigma numero 1:lo zafferano.
Una leggenda narra che lo zafferano arrivò in Inghilterra grazie a un pellegrino, che tra il 1327 e il 1337 arrivò nel villaggio di Wadden, nella contea di Essex, portandone un bulbo nascosto nella tunica. Ma il bulbo dalla manica cadde a terra, dove germogliò dando inizio alla coltivazione di questa spezia. Oggi il villaggio si chiama Saffron Wadden. In realtà lo zafferano venne diffuso in Europa dagli arabi, che lo portarono prima in Sicilia (brava Chiara Picoco: i lattarini è il mercato delle spezie di Palermo), e da qui a Venezia e in Spagna. Prima che in cucina, il fiore di zafferano fu usato in farmacia per le sue qualità digestive e nei liquori. Fu anche un colorante prezioso per tintori e vetrai, che lo usavano per rendere "d'oro" le vesti dei nobili e le vetrate delle cattedrali. Giusta l'argomentazione di Beatrice Sarti.
La più veloce è stata Cassata Celiaca: vedremo se saprà confermarsi nelle prossime settimane.



1 commento:

Cuoche a Casa Tua ha detto...

Ciao, mi piace questa iniziativa, veramente geniale, parteciperò volentieri, passa a trovarmi. Giancarla

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